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Conte chiede un atto di amore, ma l’Italia ha bisogno di atti di responsabilità e governo

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Pubblichiamo un intervento di Giulio Centemero, deputato, capogruppo in Commissione Finanze e tesoriere della Lega

Sono rimasto colpito dalle parole del premier Conte che qualche giorno fa ha chiesto alle banche di fare “un atto d’amore” riferendosi, in particolar modo, alle richieste di liquidità che le imprese stanno rivolgendo agli istituti di credito. Conte in poco tempo è passato dall’impersonificazione del “buon padre di famiglia”, dispensando consigli su come trascorrere le nostre giornate in tempi di Covid-19, a tutore dei nostri affetti, definendo i confini della parentela e aggiungendo poi un ulteriore azzardato distinguo tra affetti seri e meno seri.

Ma il camaleontico premier aveva in serbo un altro asso nella manica. E così, mentre le imprese chiedono un intervento efficace, che possa anche solo momentaneamente dare un po’ di respiro alla nostra economia, la retorica si spreca e si fa appello ai sentimenti. Ora, che la communication strategy della maggioranza rifletta un’isteria incontrollata e a volte schizofrenica è evidente, ma fare appello al cuore quando servirebbe solo il cervello… Forse è più una questione di buon senso che di anatomia.

Ad ogni modo, Conte il primo di maggio sui social, in occasione della festa dei lavoratori, ha chiesto scusa a tutti gli italiani per i ritardi nell’erogazione di Cig, incentivi, aiuti, varie ed eventuali. Caro presidente, con tutto il rispetto, non credo che le sue scuse in questo momento possano servire a qualcosa. Chi ha chiuso la saracinesca del proprio negozio o ha dovuto brutalmente interrompere la propria attività, quando a fine mese dovrà comunque pagare le bollette o peggio ancora gli affitti dopo non aver percepito per mesi un guadagno, con cosa salderà? È vero che ha avocato a sé i “pieni poteri” e che a colpi di Dpcm ha privato gli italiani della loro libertà, nonostante – a suo dire – il governo fosse pronto a fronteggiare l’emergenza, ma le sue scuse non hanno ancora un potere di conversione tale da essere sostituite alla nostra attuale valuta. Alle richieste delle aziende si è risposto solo con cassa integrazione, prestiti e dilazione di scadenze che peraltro in alcuni casi non sono neppure arrivati.

A proposito di cassa integrazione, non ha perso neppure qui il suo vizio, quello di puntare il dito nei confronti della Regione Lombardia per i ritardi nei pagamenti. A tal proposito vorrei ricordare che le Regioni non solo hanno regolarmente trasmesso tutti i decreti necessari all’Inps, ma alcune, come ad esempio la Lombardia, hanno persino anticipato l’indennità a tutti i lavoratori in Cig. Tridico confermi piuttosto le coperture, visto che sembra manchino all’appello 7 miliardi. Non vorremmo che anche lì si inventasse una scusa. Le imprese avrebbero bisogno di essere accompagnate con soldi veri verso la ripresa delle attività e non imbonite con appelli sconsolati al solo fine di scaricare su altri le proprie responsabilità.

Per le aziende, fino a 25 mila euro di prestito lo Stato copre il 100 per cento e per importi superiori la garanzia scende all’80-90 per cento. Le banche sono così costrette a valutare la situazione economica dell’azienda e se questa non è solida non avrà purtroppo i soldi. Qui non serve il cuore, quello arriva dove può. Qui serve il governo. Ben venga allora l’iniziativa privata che sta cercando strade alternative al credito, che non siano il vecchio modello bancario o il denaro pubblico. Come ad esempio i Minibond per salvare uno dei settori più cari alla nostra economia. Ora quale migliore occasione per rilanciare ad esempio questo settore con pluribond che consentano uno schema agile di accesso al credito? Oppure la proposta di AssoAIM che vuole sostenere le pmi non tanto sul fronte del debito ma dell’equity. Insomma presidente, chi fa impresa si aspetta serietà dalla politica. Il cuore ce lo metta pure, ma dopo aver azionato il cervello.

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