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Doppia morale nella repressione sanitaria: a Sanremo nessun obbligo di vaccino e teatro pieno

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Vecchie glorie e emeriti “kikazè”, ammore ammore ammore e canne canne canne, carampane e bimbiminkia: il Sanremo “inclusivo” del solito Amadeus, sorta di Mattarella festivaliero, si apre sotto i peggiori auspici, per dire mesti, scontati, cialtroneschi. Hanno chiamato anche Saviano a fare il solito pippone contro il capitalismo, Trump, le destre, Meloni, Salvini, le mafie e per il gender e la legalizzazione della cannabis come Ornella Muti, trapassato di sex symbol che dovrebbe avere cose più urgenti di cui occuparsi tra famiglia, affari esteri e indagini interne. Al grido “sono solo canzonette, qui non si fa politica”, la politica la fanno eccome. Della risma peggiore, ideologica, militante e manco a dirlo dalla solita parte.

Già i cantanti sono quelli che sono, gente di nessuna coscienza civile, conformisti della peggior risma, o, per dirla col conte Mascetti, “piccoli borghesi, bottegai, filistei”. Consegnati mani e piedi al regime sanitario, senza fiatare essendo il regime del colore che prediligono e che da sempre li tien su, in passato con le feste dell’Unità e il circuito cultural-affarista dell’Arci, oggi con sovvenzioni più risicate, più mirate, ma sempre decisive. Il meglio però arriva con la doppia morale repressiva: nessuna verifica, nessun obbligo di vaccino per i cantanti in quanto, scopre quasi folgorato il direttore di RaiUno Coletta, “trattasi di dati sensibili”. Roba da assaltare l’Ariston: i vecchi non possono prendersi la pensione, i no-vax non possono ritirare le sigarette “neanche al distributore automatico”, come pretende il solito Sileri, un caffè al bar no, un trasporto qualsiasi no, lasciano crepare la gente in ospedale senza il conforto di un parente, impediscono il lavoro, i contatti, discriminano sulla base di un codice a barre o puntiforme, vogliono mezzo Paese in galera o al manicomio e lo dicono, tutta roba fuori legge, fuori Costituzione, e gli unici con l’impunità sono i quattro cantanti di un Festival di plastica?

Il commento giusto l’ha trovato su Twitter Maria Giovanna Maglie: “Come dite faccia di culo?”. Stringato ma efficace. Hanno gettato nella disperazione 60 milioni di cittadini, piddini esclusi, gli hanno imposto le corvées più umilianti, la gente si dà fuoco (nel silenzio schifoso dei media di regime, per i quali non disturbare il manovratore è il primo comandamento). Ma Sanremo delle nullità e delle canzoncine melense, fatte al computer, arrivate fin lì per chissà quali scalate da megadirettore fantozziano, quello deve continuare. Già che il teatrino sia pieno, mentre locali ed esercizi restano off limits, la dice lunga. A Roma, sabato, in un jazz club dove si cantava, sono piombati tre carabinieri in armi pretendendo il Green Pass da tutti, una scena sudamericana. Mai successo prima, ma la cantante era in fama di no-vax e sono andati a colpo sicuro.

“Qui a Sanremo possono cantare anche artisti no-vax”. Altro che faccia da culo! Quindi, ha chiesto qualcuno, Djokovic in Australia non può giocare ma a Sanremo può cantare? E le “rompi” del Green Pass alla Selvaggia Lucarelli non trovano niente da dire? E le vestali della mascheretta fin nella tomba, e i virologi voltagabbana, sempre pronti a riposizionarsi come tanti Google Maps? Vedi un po’ se nell’Italia delle banane per contare qualcosa devi stare o in Parlamento o all’Ariston. Come ha detto quel deputato sabato pomeriggio: “Sbrighiamoci a votare Mattarella, martedì comincia Sanremo e due festival insieme gli italiani non li possono reggere”. Frase incredibile, ribalda, ma verace. Salvo che non sono due, è una sola infinita rappresentazione: parte dalla Scala (ovazione al presidente), continua a Montecitorio, approda all’Ariston. Il popolo sovrano, nell’obbedienza, non può muoversi ma proprio per questo seguirà meglio il Festival dei canuti e dei cani. E va già bene che dal governo non esca un Dpcm che ne preveda l’ascolto obbligatorio, Green Pass illimitato per chi si adegua, la galera per chi sgarra.

Niente vaccino al canterino: a questo punto, dovrebbe essere chiaro a tutti, anche ai più zelanti, sdanoviani o stupidi, che tutto è pretestuoso, che un regime da operetta, ma carogna, non ha a cuore la tutela ma la rovina della salute pubblica e lo fa con misure vergognose sia da imporre sia da osservare. Mentre il resto del mondo impara a convivere con una epidemia scaduta a raffreddore, poco più poco meno. Ammore, canne e indicazioni di voto a Sanremo per una campagna elettorale che pare sempre più incombente. Senza dimenticare, naturalmente, di educare il popolo quanto a scrupolo collettivo, mascherina e vaccino a oltranza per meritarsi il sistema sociale a punti, alla cinese. Da quelli che vanno impuni, più che immuni, non tanto perché anche il vaccino è uguale per tutti ma per qualcuno eccetera, ma perché anche in Riviera vale la sempiterna massima del romano marchese del Grillo: noi siamo noi, e voi non siete un cazzo.

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