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Ecco il nuovo progetto di Londra per contrastare l’immigrazione illegale

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 12 settembre 2020

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La Gran Bretagna è determinata, nonostante le critiche, a realizzare l’annunciato progetto di trasferire in Rwanda almeno una parte degli emigranti che raggiungono il Paese illegalmente. “Ci saranno diversi ostacoli e impedimenti, principalmente da parte di studi legali che intendono fermare l’allontanamento di persone che non hanno il diritto di stare nel nostro Paese”, ha dichiarato il ministro dell’interno Priti Patel il 10 maggio. Ma, ha aggiunto, il nuovo disegno di legge su cittadinanza e confini assicura al governo maggiori poteri e strumenti. “Coloro che vengono nel nostro Paese illegalmente non avranno diritto di restare. Useremo ogni mezzo e ogni strumento legale a nostra disposizione per fare in modo di poterli allontanare. Sarà un chiaro segnale che non si ha diritto a rimanere nel Regno Unito. Infliggeremo un duro colpo ai contrabbandieri di uomini e la gente smetterà di morire lungo le pericolose rotte verso il Regno Unito”.

I nuovi provvedimenti per fermare l’immigrazione illegale comprendono il rafforzamento della guardia di frontiera e nuove tattiche per intercettare, fermare e costringere a invertire la rotta le imbarcazioni clandestine; una legge sull’immigrazione che prevede accuse penali per gli emigranti che arrivano nel Paese deliberatamente senza documenti e pene detentive fino all’ergastolo per chi opera nelle organizzazioni che gestiscono i viaggi illegali; e, appunto, la creazione all’estero, non su suolo britannico, di centri di accoglienza per richiedenti asilo.

In base all’accordo con il governo del Rwanda, firmato il 14 aprile, gli emigranti illegali arrivati in Gran Bretagna a partire dal 1° gennaio 2022 potranno essere trasferiti nel Paese dell’Africa orientale dove le loro richieste di asilo saranno esaminate. Nell’attesa saranno ospitati in strutture adeguate, liberi di uscirne e rientrarvi (non si tratterà quindi di campi profughi chiusi). I richiedenti che otterranno asilo riceveranno per cinque anni dal governo britannico aiuti economici e altre forme di sostegno affinché possano integrarsi nella vita economica e sociale del Rwanda se lo desiderano. Quelli le cui richieste saranno respinte potranno presentare domanda di rimanere in Rwanda ad altro titolo oppure saranno trasferiti nei rispettivi Paesi di origine o in altri stati in cui hanno diritto di risiedere.

Oltre 160 organizzazioni non governative e associazioni hanno scritto una lettera aperta al ministro Patel in cui definiscono il progetto “vergognosamente crudele” e sostengono che farà aumentare, non diminuire i pericolosi viaggi illegali. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha rivendicato “il peso della nostra responsabilità nazionale in quanto Paese formato su valori cristiani” e ha definito il progetto “contrario alla natura di Dio”. Amnesty International afferma il diritto della gente di chiedere asilo in Gran Bretagna e dice che gli emigranti “fanno viaggi pericolosi affidandosi a organizzazioni di contrabbandieri di uomini perché non esistono alternative sicure”. Anche alcuni esponenti dei partiti di opposizione si sono detti contrari e critiche sono state espresse dal sottosegretario al ministero dell’interno Matthew Rycroft, secondo il quale non è detto che il progetto servirà davvero da deterrente all’immigrazione illegale, prima di avviarlo ci vorrebbero prove della sua efficacia.

Uno studio legale – lo studio InstaLaw di Nottingham – si è già fatto avanti. Contesta al governo la violazione del diritto internazionale e della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. L’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, obietta che le richieste di asilo in Inghilterra sono poche: anche se nel 2021 sono più che raddoppiate rispetto al 2020, sono “solo” 48.540. Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu, mentre era in Africa occidentale per festeggiare la fine del Ramadan come sua consuetudine, ha dichiarato:

“Non ho mai appoggiato che si affidi a terzi la protezione dei rifugiati, specialmente a un Paese povero dove la speranza di integrazione e di un futuro sono molto minori. Credo che l’Europa in materia di asilo abbia delle responsabilità che rimandano al fulcro stesso dei suoi valori e della sua tradizione”.

Il ministro Patel risponde dicendo di assumersi la piena responsabilità del progetto e replica che quelli che la criticano però non propongono soluzioni alternative. Ha ragione. Non hanno soluzioni, neanche le cercano. Omettono di usare l’espressione “emigranti illegali”, parlano di rifugiati e dei loro diritti, come se non sapessero che da anni in Gran Bretagna, così come negli stati dell’Unione europea, la maggior parte delle richieste di asilo sono fatte da persone che, avendo scelto vie illegali per viaggiare e introdursi nel Paese, usano l’espediente di dichiararsi profughi in fuga da guerre e persecuzione sapendo che così non possono essere respinte.

Il segretario generale dell’Onu richiama l’Europa al rispetto dei propri principi. Meglio farebbe piuttosto a verificare l’operato dell’Unhcr e a ricordargli le proprie responsabilità. Guterres sbaglia a rimproverare all’Europa di non prendersi cura dei profughi, interni e rifugiati, dal momento che, oltre a ospitarne milioni sul proprio territorio, l’Unione europea e i Paesi europei contribuiscono con fondi pubblici e privati al cospicuo bilancio della sua agenzia – 9,2 miliardi di dollari nel 2021, una previsione di altrettanti nel 2022 – per poco meno di un quarto, pari a oltre 1,9 miliardi (di poco superiore è il contributo degli Stati Uniti; altre potenze invece quasi non figurano: la Cina ha offerto cinque milioni di dollari, la Federazione Russa due).

Grazie a quei nove miliardi di dollari l’Unhcr è presente in 123 stati ed è in grado di porre sotto suo mandato sfollati, rifugiati e richiedenti asilo. Entro 72 ore dal verificarsi di una emergenza, l’agenzia Onu sostiene di essere in grado di mobilitare in qualsiasi parte del mondo equipe di operatori capaci di prestare i primi soccorsi; in tempi brevi di allestire sistemazioni sicure, se necessario dei campi attrezzati e recintati, nei quali far confluire i profughi, da quel momento alloggiati, nutriti, curati, protetti e assistiti legalmente per pratiche come ad esempio la riallocazione in Paesi terzi.

Ma il primo compito dell’Unhcr, in collaborazione se possibile con le autorità locali, è identificare i profughi e registrarli affinché, se espatriati, ricadano nello status protetto previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. L’articolo 31 della Convenzione dispone infatti che uno stato contraente “non possa intraprendere sanzioni penali a motivo della sua entrata o del suo soggiorno illegale contro un rifugiato che proviene direttamente da un territorio in cui la sua vita o la sua libertà erano minacciate, a condizione che si presenti senza indugio alle autorità e giustifichi con motivi validi il proprio ingresso o il proprio soggiorno irregolare”. Questo devono poter fare le persone davvero minacciate dal loro governo o che il loro governo non tutela: trovare aiuto non appena lasciano il loro Paese. Le Nazioni Unite di questo devono assicurarsi, mettendo in campo tutte le immense risorse di cui dispongono, se quelle attuali non bastano o non sono utilizzate al meglio. Sebbene in piccola percentuale, anche dei rifugiati raggiungono i confini europei. Invece neanche uno dovrebbe essere costretto a percorrere in clandestinità migliaia di chilometri affidandosi a organizzazioni criminali e spendendo migliaia di dollari per cercare asilo.

L’articolo 33 della Convenzione di Ginevra vieta di espellere o respingere “in qualsiasi modo un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”. Avvocati, organizzazioni non governative, cooperative e le stesse Nazioni Unite useranno questo articolo contro Priti Patel. Dalla sua il ministro britannico ha due argomenti forti. Il primo è che in Rwanda richiedenti asilo e rifugiati saranno al sicuro. L’Alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi non fa che elogiare i Paesi poveri per l’accoglienza esemplare che riservano ai rifugiati. Il secondo argomento è che quasi nessun richiedente asilo arriva in Gran Bretagna direttamente dal Paese in cui la sua vita o la sua libertà erano minacciate, condizione posta dall’articolo 31 per non poter intraprendere sanzioni penali nei confronti di chi entra illegalmente in uno stato.

È chiaro d’altra parte che il governo britannico non mira a colpire i veri rifugiati, ma a risolvere il problema degli emigranti illegali e il deterrente più efficace è senza dubbio dimostrare che le probabilità di riuscire comunque a ottenere un permesso di soggiorno anche se non sia motivato da reale bisogno sono nulle e che anzi si rischiano gravi sanzioni penali… oppure di essere trasferiti in un Paese terzo. Lo prova la situazione attuale della Grecia e dell’Italia. La Grecia è stata costretta ad accogliere centinaia di migliaia di richiedenti asilo finché nel 2019 il governo ha varato misure rigorose contro l’immigrazione illegale, con numerosi, motivati respingimenti, che hanno drasticamente ridimensionato gli arrivi. Per contro l’Italia a partire dal 2020 ha aumentato nettamente il numero di richieste di asilo accolte fino ad arrivare al 44 per cento del 2021 e gli sbarchi, in gran parte da Paesi in situazioni che non rendono plausibile una richiesta di asilo, si sono moltiplicati: 11.471 nel 2019, 34.154 nel 2020, 67.477 nel 2021. Dall’inizio dell’anno in Grecia sono arrivati 3.105 emigranti illegali; in Italia 12.425.

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