Economia

Flat Tax, smontiamo alcuni falsi miti: fattibile, più efficiente e più equa

Il sistema fiscale non dovrebbe avere obiettivi redistributivi e la progressività avvantaggia le lobby più forti che strappano trattamenti di favore occulti

Flat Tax

Il dibattito pubblico sulla flat tax necessita di un contesto storico, teorico ed accademico, senza il quale ogni proposta finisce col perdere credibilità e, di conseguenza, capacità di trasposizione in policy-making.

Un po’ di storia

La flat tax non è cosa di oggi. L’economista Kurt Leube, della Stanford University, nei suoi studi ha dimostrato che storicamente la tassa proporzionale era la regola (e non l’eccezione) sino all’avvento del progressivismo fiscale introdotto dalla scuola dei cattedratici socialisti tedeschi.

Nel libro “Una flat-tax per l’Italia”, Emanuele Canegrati spiega che le aliquote fiscali progressive (cioè aliquote medie che crescono al crescere del reddito, e cioè in termini matematici, l’aliquota è una derivata prima della funzione d’imposta del reddito >0) sono una invenzione recente. Sono state introdotte nel XIX secolo su impulso di Gustav von Schmoller e dei cattedratici socialisti tedeschi.

Come scrivono gli economisti della Hoover Institution Alvin Rabushka e Robert Hall, nel libro “La flat tax”, dopo la pubblicazione del Capitale di Marx la progressività fiscale venne concepita come strumento per “estorcere potere dalla classe borghese da parte del proletariato”. Queste sono le basi storiche e teoriche della questione.

Peraltro, il sistema fiscale non dovrebbe avere obiettivi redistributivi, ma soltanto l’obiettivo di ottimizzare la raccolta di gettito. La redistribuzione è effettuata con maggiore efficienza attraverso i programmi di spesa pubblica.

Le tax expenditures

Come ha dimostrato il giornalista economico Giuseppe Di Vittorio, la flat tax è un’operazione neutrale, il tema politico è la trasparenza nel dire che deduzioni, detrazioni, crediti e bonus, che valgono oramai quasi la metà del gettito Irpef, comprese le addizionali, vengano eliminate.

Il rapporto annuale sulle spese fiscali, nel 2017, ha censito 636 misure diverse, di cui 466 erariali e 170 relative a tributi locali, per un valore di 75 miliardi di euro, mentre il gettito Irpef 2021 dovrebbe essere di 198 miliardi. La ratio 75/198 tra tax expenditures e gettito Irpef ammonta a quasi il 40 per cento di sconto, senza tener conto dei benefici della semplificazione.

Imposta progressiva

Tra l’altro, neppure è vero che la flat tax non sia progressiva: la combinazione di una no tax area (cioè un’area di reddito ad aliquota zero) e un’aliquota fissa costituisce una tassa lascamente progressiva, dato che la curva del gettito è tangenziale all’asintoto dell’aliquota unica.

Quale aliquota

La difficoltà sta nel modellare l’aliquota unica. Sul punto, vari studi accademici, compreso quello dell’Istituto Bruno Leoni del 2018, individuano in una forbice compresa tra il 23 e il 25 per cento la flat tax ottimale.

L’Istituto Bruno Leoni stimava che sotto il solo vincolo (imprescindibile) di effetti nulli sul bilancio dello Stato, l’aliquota unica al 25 per cento associata ad una no tax area pari a 7.000 euro annui, “sarebbe compatibile con interventi puntuali sul fronte della revisione della spesa di dimensioni praticabili e pari a regime all’1,6 per cento del Pil (ridotti allo 0,6 per cento del Pil nella fase iniziale del progetto la cui compiuta realizzazione sarebbe strettamente dipendente dai risultati dell’attività di revisione della spesa)”.

Una tassazione più equa

Un ulteriore vantaggio di un sistema a flat tax è che esso incentiva una governance più etica. In un sistema fiscale progressivo, con le sue 636 esenzioni, deduzioni e crediti, i gruppi di interesse sono capaci di introdurre attraverso l’attività di lobbying trattamenti di favore occulti.

La flat tax è una soluzione fiscale del tutto compatibile con obiettivi di efficienza e razionalità ed è un modo anche drastico per riformare un sistema fiscale oppressivo e convoluto che distrugge capacità produttiva, costruendo incentivi perversi ad una spesa pubblica parassitaria e improduttiva.

Purtroppo, la scarsa credibilità dei proponenti, e forse anche l’incapacità di comunicare concetti complessi da chi non li padroneggia, pregiudica il discorso pubblico.

Il progressivismo fiscale può forse compiacere la rabbia sociale dei cittadini male amministrati, ma di sicuro danneggia il loro benessere economico.

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