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Gli errori della diplomazia italiana in Iran: in nome dell’amicizia non si possono scaricare i principi

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La diplomazia, si sa, non è cosa semplice, soprattutto quando viene svolta in Paesi difficili quale è la Repubblica Islamica dell’Iran. Per questo, chi scrive, non ritiene il compito di Giuseppe Perrone, ambasciatore d’Italia a Teheran, semplice e comodo. Quando lo si giudica, infatti, è sempre fondamentale tenere a mente quali sono i suoi doveri di ambasciatore, cercando di andare oltre il giudizio critico verso il regime iraniano. Nonostante ciò esistono dei limiti, travalicati i quali è giusto esprimere un giudizio negativo, soprattutto se questi limiti non sono mai riequilibrati da azioni opposte. Ci riferiamo in questo caso al quarto dialogo culturale tra Iran e Italia, che ha avuto luogo il 30 ottobre scorso. A partecipare, oltre alle ambasciate d’Italia in Iran e d’Iran in Italia, c’erano professori dell’Università La Sapienza di Roma e dell’università Allameh Tabatabe’i di Teheran. L’incontro, svoltosi in videoconferenza, si è focalizzato a quanto pare su temi archeologici e storici. Dopo l’incontro, l’ambasciata d’Italia a Teheran ha pubblicato un tweet, vantandosi del fatto che il canale Press TV, canale iraniano in inglese, avesse dedicato un servizio alla videoconferenza, scritto dall’inviato a Roma Max Civici.

I problemi che riscontriamo sono perlomeno due, abbastanza gravi. Benissimo richiamare alla memoria il secolare rapporto tra Italia e Iran, avvicinare i popoli e lavorare per avvicinare i popoli. Detto questo, non si può nemmeno far finta che vada “tutto bene” e che siamo “Paesi gemelli”. L’Iran democrazia non è mai stata, ma soprattutto dopo il 1979 ha instaurato un regime basato sul fondamentalismo religioso, sulla misoginia, sulla persecuzione degli intellettuali, degli artisti e degli oppositori politici, sulla pena di morte (anche per i gay) e sul finanziamento del terrorismo internazionale. Esattamente i principi opposti su cui si fonda la Costituzione della Repubblica italiana. Come suddetto, vanno ben compresi i compiti della diplomazia, ma allo stesso tempo – con questa motivazione – non si possono tacere costantemente gli abusi del regime iraniano, come purtroppo fa la diplomazia italiana. 

La seconda grave pecca è comunicativa: nessuno dovrebbe mai vantarsi di avere come cassa di risonanza mediatica Press TV. Questo perché si tratta di un canale non solo cassa di risonanza del regime iraniano – e questo passi – ma soprattutto totalmente al servizio dell’abuso dei diritti umani da parte di Teheran. Su Press TV, infatti, è noto per aver trasmesso i video-confessione dei prigionieri politici iraniani, costretti a dichiararsi colpevoli dopo aver subito torture e violenze. Solo per fare due esempi: nel 2010 Press TV ha mandato in onda la confessione forzata di Sakineh Mohammad Ashtiani, condannata a morte con l’accusa di aver ucciso il marito con il suo amante. Una accusa che si è poi rivelata totalmente infondata e non basata su alcuna prova. Peggio ancora, la confessione forzata di Ahmadreza Djalali, ricercatore medico iraniano, condannato a morte in Iran con l’accusa di spionaggio. Come noto, Djalali in realtà è stato arrestato e condannato per aver rifiutato di diventare una spia di Teheran in Europa. Il caso Djalali riguarda anche l’Italia, avendo il ricercato medico lavorato all’Università del Piemonte Orientale, da dove tra l’altro è partita la campagna internazionale per la sua liberazione.