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Il pericolo della “identity politics”: se alla battaglia delle idee si sostituisce lo scontro delle identità la politica si balcanizza

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Giovanissima, donna, ma soprattutto figlia di due lesbiche. Sono queste le caratteristiche che hanno portato all’onore delle cronache Sanna Marin, la nuova premier della Finlandia. Certo, l’essere una donna in un governo composto per la maggioranza da donne ha destato un interesse non secondario, ma l’orientamento sessuale delle madri è sembrato fin da subito il tema dirimente. Tanto da aver occupato buona parte dei notiziari. Ma è davvero una notizia? È davvero importante conoscere l’orientamento sessuale delle genitrici della Marin? A mio avviso non lo è. E non dovrebbe nemmeno esserlo, perché quello che dovrebbe contare sono le sue scelte politiche. Le sue capacità, le sue competenze e le sue idee. Temi strettamente politici che trasformano semplici uomini e donne in uomini e donne di stato. In statisti.

E invece, l’attenzione mediatica si è rivolta al fatto che avesse due madri. Questa tendenza, improntata all’identity politics, propagata in modo apparentemente neutrale da molti mezzi di informazione, dovrebbe iniziare a preoccupare. Perché alla lotta tra visioni del mondo, idee e programmi si sta sostituendo la semplice identità. Alle idee, in altre parole, si stanno sostituendo caratteristiche come l’orientamento sessuale, il colore della pelle, la religione e le abitudini alimentari (si pensi al veganesimo di un’icona progressista come Carola Rackete). Il passaggio che porta dalla politica tradizionale all’identity politics, anche se taciuto e inserito surrettiziamente nel dibattito pubblico, risulta cruciale poiché riduce la politica alla lotta tra identità. Alla battaglia tra singoli gruppi che si fronteggiano su fratture identitarie. Con la conseguenza di spaccare la società in vari segmenti difficilmente ricomponibili. Soprattutto se una simile politica viene portata alle estreme conseguenze, per cui i bianchi possono o decidono di rivolgersi solo ai bianchi, i neri ai neri, la comunità gay ai gay e le donne alle donne. Il rischio, non calcolato o comunque non sufficientemente ponderato, è quello di dar vita ad una politica divisiva, fondata su uno scontro permanente che divide invece che unire. Che distrugge e non costruisce. L’esempio americano dovrebbe metterci in guardia. Eppure, sembra essere diventato un modello a cui ispirarsi. Purtroppo anche in Italia.

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