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Il regime Competente rivela il suo volto autoritario e, quindi, arbitrario

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Le dichiarazioni rilasciate oggi al Corriere della Sera dal prefetto di Roma Matteo Piantedosi, sulla sfilata degli Azzurri vincitori dell’Europeo su un pullman scoperto per il centro della capitale, confermano tutte le nostre perplessità sull’intero impianto normativo anti-Covid, frutto di una cultura profondamente illiberale, autoritaria, mosso dall’ossessione di controllare la vita dei cittadini.

Il prefetto ha chiarito che quella sfilata non era autorizzata, ma i calciatori si sono imposti e né la Figc, né la Questura hanno mosso un dito per far rispettare il divieto.

“Avevamo negato il permesso a festeggiare la vittoria dell’Italia agli Europei sull’autobus scoperto, ma i patti non sono stati rispettati”. La linea era stata decisa con il ministro dell’interno Lamorgese, ma Bonucci e Chiellini hanno forzato, rivela Piantedosi, dicendosi amareggiato per l’accaduto. “Mi risulta che Chiellini e Bonucci hanno rappresentato con determinazione il loro intendimento al personale in servizio” e “a quel punto non si è potuto far altro che prendere atto della situazione e gestirla nel miglior modo possibile”.

Insomma, la Nazionale avrebbe violato, secondo la versione del prefetto, il divieto a sfilare. Ma in questo caso il Ministero dell’interno e le forze dell’ordine hanno rinunciato a farlo rispettare.

Una dichiarazione incredibile, inopportuna dal punto di vista del prefetto stesso. Nel suo palese tentativo di scaricare sulla Federazione e sugli Azzurri la responsabilità del mancato rispetto del piano dei festeggiamenti concordato (cioè: divieto di festeggiare), si è in pratica autoaccusato, rivelando da un lato l’impossibilità di far rispettare norme e divieti sempre più illogici, dall’altro, di conseguenza, l’arbitrarietà di un potere pubblico che non può far altro che decidere caso per caso se in una determinata circostanza è possibile farli rispettare, se chiudere un occhio o entrambi.

Chiaro il perché: cosa avrebbero potuto fare? Arrestare o denunciare Bonucci e Chiellini, o i dirigenti Figc, per violazione delle norme anti-Covid? Si sarebbero coperti di ridicolo. Che il divieto si sia liquefatto davanti alla determinazione degli Azzurri a festeggiare dimostra quanto queste restrizioni siano inapplicabili senza incorrere in odiose disparità e, per ciò, ipocrite e illogiche.

Se nella notte precedente i festeggiamenti di piazza sono esplosi in tutte le città d’Italia per diverse ore, e chiaramente non si è potuto impedirli, non si capisce perché vietare il passaggio del pullman scoperto degli Azzurri, con una folla destinata a disperdersi dopo pochi minuti man mano che avanza nel suo percorso.

Una volta che restrizioni e divieti ci sono, in base a che cosa si decide di derogare? Perché, per citare un esempio recente, sono state autorizzate in molte città le manifestazioni per il Gay Pride?

In questa sorta di “trattativa Stato-calciatori”, fallita, o in quella evidentemente riuscita Stato-movimenti Lgbt, vediamo quanto sia patologica per il nostro stato di diritto la normativa emergenziale anti-Covid.

Libertà e diritti fondamentali diventano così una gentile concessione del “sovrano” di turno e, addirittura, di un singolo funzionario che di volta in volta, a sua discrezione, decide se concederli o meno.

È la dimostrazione della china pericolosa – in puro stile DDR – in cui ci siamo incamminati, con il potere pubblico che sempre più si arroga il diritto di decidere caso per caso se un gruppo di cittadini ha o meno il diritto di riunirsi e manifestare. In linea teorica, le norme non consentirebbero assembramenti, ma si può fare qualche eccezione. Se la manifestazione è “politicamente corretta”, o se gli organizzatori hanno sufficiente forza contrattuale – come in questo caso Bonucci e Chiellini che, pare, abbiano minacciato di disertare gli incontri al Quirinale e a Palazzo Chigi – si concede, altrimenti no.

Nella smania di controllo capillare delle “vite degli altri”, non solo diritti e libertà sono limitati, ma lo sono arbitrariamente. Perché il potere, com’è noto, più è autoritario, più diventa arbitrario.