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La setta degli adoratori dello stato e del pubblico. E i suoi riti (purtroppo non occulti)

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I lettori di Atlantico sanno che uno dei nostri punti di riferimento è Allister Heath, il direttore del Sunday Telegraph, oltre che editorialista del Telegraph negli altri giorni della settimana.

Qualche giorno fa, Heath ha posto un problema che riguarda il governo inglese: provate a moltiplicare la questione per dieci-cento-mille, e figuriamoci come siamo combinati qui in Italia.

Heath sostiene che (Brexit a parte) il resto dell’attività del governo britannico, e in particolare la gestione delle questioni sociali ed economiche, sia troppo influenzata da un approccio statalista, di fiducia nell’intervento pubblico. C’è un problema da risolvere? Un po’ tutti tendono a ritenere che la soluzione sia in una nuova legge, in una nuova decisione pubblica, in un nuovo intervento della macchina amministrativa.

E quindi, dinanzi alle tradizionali e banali analisi politiche secondo cui vi sarebbero elettori centristi senza casa, Heath corregge il tiro: i veri homeless (e in qualche caso pure …hopeless) sono i veri liberali, i thatcheriani, gli antistatalisti, quelli a favore del taglio di tasse e spesa. La marginalizzazione di questi elettori è evidente, eppure non fa notizia.

Lo ripeto: applicate un moltiplicatore dieci-cento-mille a queste preoccupazioni di Heath, e da Londra possiamo spostarci a Roma. Fa veramente impressione – se ascoltate i leader vincitori delle ultime elezioni, o se ascoltate gli sconfitti, o se anche partecipate a un convegno in provincia – constatare quanto quasi tutti (e scrivo “quasi” come un estremo atto di ottimismo) tendano a ritenere che la “ricetta” per curare le paure e le incertezze del nostro tempo sia un rinnovato interventismo dello stato.

Vale a sinistra (includo i grillini) e vale a destra (includo tutto il centrodestra italiano, con individuali eccezioni): nel primo caso, con un taglio di socialismo massimalista, nel secondo con un approccio di paternalismo pubblico. Ma la sostanza non cambia.

Tutti o quasi per mantenere livelli alti di spesa, tutti conservatori rispetto al ruolo delle municipalizzate, tutti con il feticismo della “politica industriale”, tutti a cianciare di webtax (giusto per scrollarci di dosso il “rischio” di investimenti da parte di imprese tech e web), tutti in ultima analisi adoratori del pubblico e dello stato.

Può tornare a crescere un’Italia in queste mani?

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