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Le bugie iraniane per ottenere la fine dell’embargo Onu sulle armi

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 26 luglio 2019

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Il 3 dicembre scorso, via Zoom, Zarif è intervenuto ai Med Dialogue, intervistato dal direttore dell’Ispi Paolo Magri. Come ogni anno, purtroppo, un gratuito tappeto rosso al ministro degli esteri iraniano, che ha potuto dire liberamente tutto ciò che voleva.

Della sua intervista, al di là delle bugie e delle solite imprecazioni contro Israele e Stati Uniti, ci interessa però rilevare un aspetto: parlando del possibile ritorno di Washington nell’accordo nucleare, Zarif ha affermato che gli americani hanno ancora delle responsabilità, perché sono usciti dal Jcpoa ma non dalla Risoluzione Onu 2231, che venne approvata nel 2015 per legittimare l’accordo di Vienna.

Si tratta di una affermazione molto rilevante, anche se passata in sordina. Vuol dire, infatti, che gli esperti diplomatici americani avevano ragione quando affermavano di avere il diritto di proporre il prolungamento dell’embargo Onu sulla vendita di armi all’Iran, scaduto il 18 ottobre 2020. Allora, però, il regime iraniano – sostenuto non solo da Cina e Russia, ma anche all’Ue – affermò esattamente il contrario, sostenendo che Washington non aveva alcun diritto di proporre il rinnovo dell’embargo, perché Trump aveva portato gli Stati Uniti fuori dal Jcpoa.

D’altronde, chi ha sempre seguito seriamente questo tema sa benissimo quanto il regime iraniano abbia mentito dall’inizio dell’accordo sul programma nucleare. Quando fu firmato nel 2015, Teheran disse chiaramente di sentirsi vincolato al Jcpoa, ma non alla risoluzione 2231 delle Nazioni Unite, perché quella risoluzione conteneva alcuni (minimali) limiti anche al programma missilistico, come il divieto di svolgere test missilistici con vettori intrinsecamente capaci di trasportare una ogiva nucleare (cosa che l’Iran ha fatto liberamente in questi anni…).

Nei fatti, quindi, il regime iraniano ha ottenuto la fine dell’embargo Onu sulla vendita di armi illegalmente, approfittando non solo del sostegno di Mosca e Pechino – interessate a vendere armamenti a Teheran – ma anche quello di europei come Borrell, più interessati ad attaccare Trump che mantenere l’impegno di assicurare la sicurezza della regione mediorientale, evitando il rischio che la Repubblica Islamica si doti di ulteriori armamenti per minacciare tutti i suoi vicini.

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