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L’Emergenza non deve morire: il filone Covid va esaurendosi ma è già pronta quella climatica

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L’emergenza non finisce mai. Perché non deve finire, sentite il nostro Draghi: “L’emergenza climatica è come il Covid”. Serve altro per capire il gioco? Passare da uno stato di tensione all’altro, da uno choc all’altro così da tenere la cittadinanza sul filo della psicosi. E chi è psicotico ha bisogno di essere seguito, arginato, controllato, neutralizzato. In una parola: dello Stato etico e curativo. Poi, che la medicina coincida con la malattia non lo noterà più nessuno e se anche fosse sarà impossibile dirlo.

Abbiamo detto, scritto più volte che quello del governo, assecondato dal Colle, era un approccio sbagliato al limite dell’irresponsabile, ma adesso siamo oltre, siamo si direbbe ad una malignità esibita, spregiudicata. Venti mesi di stato di polizia, sempre più ferreo, passato dalla paranoia delle mascherine a quella dei tamponi a quella dei vaccini a quella del Green Pass, questo ricatto autoritario volto a escludere dalla convivenza civile, dalla possibilità di mantenersi col proprio lavoro: potenziato, allargato fino al foro interno, ai recessi della coscienza.

Siccome questo filone va esaurendosi, per raggiungimento degli obiettivi e per acquiescenza della popolazione cui – è dimostrato – si può fare davvero di tutto, è tempo di trovare un altro vettore di isteria: che la “emergenza climatica” sia tale nei termini propagandati dai media e suffragati da Draghi, che non è un climatologo ma un tecnico finanziario, è tutto da discutere. Le profezie catastrofiche sono state sistematicamente disattese, i modelli matematici, niente più che proiezioni di sventura, si sono rivelati come minimo sballati, i riscontri vengono puntualmente manipolati e nessuno ricorda il cosiddetto climagate di qualche anno fa, con tanto di email che svolazzavano tra le agenzie climatiche e i dipartimenti governativi americani: “Le previsioni sono tutte saltate, bisogna insistere, spingere sul catastrofismo altrimenti vanno in fumo miliardi di affari”. Ragione per cui Trump sciolse quanto poteva di questi carrozzoni dediti al business.

Miliardi di affari: la cosiddetta transizione ecologica è, come scrive il filosofo conservatore Legutko, una sorta di divinità post-marxista, affidata a una sacerdotessa descolarizzata e problematica; è una profezia che non si autoadempie, ma l’Unione europea dice che tutto dovrà essere elettrico, solare, eolico, senza specificare come, dove reperire le risorse per un mondo sempre più affamato di energia. Il Male Puro si chiama Co2, in modo del tutto insensato, e per azzerare la Co2, che è come voler raggiungere l’immunità di gregge al 120 per cento sul Covid, la Ue impone costi impossibili, che finiranno di ridurre in miseria i milioni che ancora annaspano.

Draghi in un certo senso ha ragione: emergenze pretestuose presentano analogie inquietanti. Così come le cure domiciliari, i farmaci alternativi ai protocolli ufficiali vengono sistematicamente boicottati e negati, allo stesso modo le alternative alla fuffa ecologica non sono considerate; i danni collaterali vengono negati o minimizzati; le vestali sono da una parte i virologi da salotto, dall’altra i climatologi da operetta; e in entrambi i casi, il disprezzo, la gogna, la minaccia per i dissidenti, quanto a dire chi non se la beve. Nessuno azzarda una proiezione dei costi, raffrontati ai benefici, da qui a quindici, venti anni.

Ci ha provato qualche giorno fa su La Verità il professor Franco Battaglia, ma basta liquidarlo come uno di destra, che nel dibattito democratico è sinonimo di stragista, di cannibale. Il nucleare no, neanche a parlarne: poi compriamo energia atomica da oltre le Alpi; invochiamo “più gas” al posto di carbone e petrolio, senza considerare che il gas scatena la famigerata Co2. Le bollette schizzano fino alla stratosfera, e la metà del costo si deve alla chimera delle cosiddette rinnovabili. Per esserci, l’emergenza c’è. Ma da fonte politica più che biologica. E la parola d’ordine è sempre quella del post-liberismo globale: quello che si può fare, si faccia. Al diavolo le conseguenze.

Emergenza pandemia, emergenza climatica: e poi? Poi si ricomincia da capo e c’è chi aspetta, e anche con una certa impazienza, che da qualche parte qualche Stranamore escogiti altri virus per altre pandemie per altri affari. Il potere, ovunque e soprattutto in Italia, ha scoperto l’acqua calda: che la strada migliore per blindare se stesso è la paura diffusa, la divisione sociale, l’isteria, e avere un qualsiasi pretesto per un controllo sempre più spietato, sempre più fuori dai lineamenti del garantismo giuridico, costituzionale. E se poi ci scappa il conflitto sociale, la guerriglia a prato basso, tanto meglio: è l’occasione giusta per rinchiudere tutti senza andar tanto per il sottile, senza distinguere tra emergenze. Fino a nuovo ordine, ma il nuovo ordine pare sia già qui.

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