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Malattie da politically correct: come eludere e curare lo stress da “bad news”

Troppe brutte notizie fanno male alla salute. Lo sostiene un articolo su CNN online. In effetti, tra breaking news a go-go, il loro rilancio sui social, l’ascesa dei 24h cable news, news alert continui su catastrofi, uragani, terremoti, attentati, lo spread che sale, sfighe di ogni genere, crisi di qua e crisi di là, il rischio è tale che ne risentono anche la nostra pressione o digestione.

Per quanto mi riguarda, le brutte notizie che ricevo dai media non hanno una ricaduta sulla mia salute. Non mi lascia indifferente però il fatto di essere indirettamente chiamato in causa e di essere additato come corresponsabile dei problemi che affiggono il mondo da coloro che producono le news, le rilanciano sui social e le commentano nei talk show.

Più leggo e ascolto news e commenti e più mi autoconvinco di essere io la brutta notizia: io che sono corresponsabile dell’inquinamento del pianeta perché una volta ogni morte di Papa metto uno bottiglia di plastica nella spazzatura dedicata alla carta; io che non grido allo scandalo se gli orsi polari stanno estinguendosi; io che sono un bigotto perché pretendo un flusso migratorio regolato; io che sono maschilista perché indifferente al movimento #metoo; io che sono un elitario capitalista perché non scendo in piazza a difendere i lavoratori ma lo farei solo per sostenere chi il lavoro lo crea; io che sono anarchico perché credo nello stato minimo; io che sono un guerrafondaio se non partecipo alle marce per la pace; io che sono imperialista se non brucio la bandiera americana.

Ecco perché molte persone soffrono di newstite acuta: la retorica di chi produce news e di chi le commenta attribuisce la corresponsabilità di quello che accade nel mondo a chi è disimpegnato o ingaggiato su altri fronti. Insomma, io sono senza cuore e sono un bigotto anche se non ho mai fatto del male a nessuno a parte aver detto qualche bugia bianca.

Tra uno zapping, una rassegna stampa on line e una sbirciatina sui social, vedo sempre meno informazione e approfondimento laico sulle vere cause dei drammi e dei problemi che affiggono il mondo e sempre più risentimento radicale nei confronti di chi non si accoda alla retorica e al linguaggio dei protestatori frustrati da tastiera di stampo ambientalista, terzomondista, anticapitalista.

I media stanno diventando il megafono di quelli che ti giudicano colpevole di “non concorso esterno” a idee, linguaggi, retoriche, istanze mainstream, conformiste e sinistroidi. Il “non puoi fregartene” è una colpa che pesa quanto un reato.

I paladini valoriali corretti che si sciacquano la bocca con frasi tipo “non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”, sono gli stessi che ti inducono al suicidio morale e ti fanno venire i sensi di colpa quando non metti mi piace sui loro post contro la fame del mondo o il global warming e non sposi, almeno a parole, le loro cause. Figurati cosa ti farebbero se affermi qualcosa non in linea con il loro pensiero.

Io non ho sensi di colpa per non essere in prima fila contro i drammi e le ingiustizie del mondo. La newstite acuta la eludo con la ricetta di Donald Trump: non bisogna essere stanchi di vincere. Alla lunga, il mio successo favorirà anche quello degli altri.

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