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Modelli a confronto: in Italia burocrazia e caccia alle streghe, in UK test gratis e screening nelle scuole

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Vuoi fare un tampone? Vola in Inghilterra. Il primo Paese a uscire dal Covid i tamponi li regala. Ed è stato così fin dall’inizio dell’emergenza. Passi in farmacia e li ritiri: niente file, niente attese e soprattutto niente soldi. Se invece non vuoi uscire perché fa troppo freddo, li puoi anche ordinare online e mentre con una mano sorseggi un bel tè caldo davanti al caminetto, con l’altra basta un click dal telefonino: il giorno successivo il postino ti porta ben sette tamponi direttamente a casa, con tanto di fast delivery e tracking number. Gratis. Se invece c’è il sole e vuoi fare una passeggiata puoi andare in uno dei tanti walking centre dove ti danno il kit e gli esperti ti guidano nell’effettuare il test. Costo zero.

Non devi avere sintomi. Vuoi solo controllarti, o perché hai deciso di andare a visitare un parente anziano, oppure perché testarsi è il modo migliore per tentare di frenare i contagi. Nessuno lo vuole sapere. Insomma, le opzioni sono molteplici e assolutamente tutte gratis. Un sogno se paragonato alle file chilometriche fuori dalle farmacie italiane e ai 100 milioni di euro spesi a settimana per sapere se si ha o no il Covid-19. Abbiamo finalmente tolto agli inglesi un primato: quello di mettersi in fila come soldatini.

Il Bel Paese che si crede il migliore nel gestire la pandemia, e che guarda fuori dai suoi confini solo quando crede che gli altri stiano peggio, fa finta di non vedere invece quando le cose al di là della Manica vanno meglio, e anche molto meglio. E sicuramente l’inglese, che non si è mai scaricato il Green Pass perché non gli serviva, che non ha mai usato mascherine all’aperto, che non ha mai avuto limiti di accesso negli ascensori dei centri commerciali, non ha tirato fuori neanche un penny dall’inizio della pandemia perché i tamponi sono stati il principale strumento di screening fin da subito. 

Anche nelle scuole. Prima di ogni rientro dopo le vacanze si attrezzano hub all’interno delle classi e si testano a tappeto tutti gli studenti per riaprire in sicurezza. Senza nessun obbligo. Chi vuole lo fa, chi non vuole è libero di rientrare in classe senza tampone. Non ci sono discriminazioni, isterismi, caccia alle streghe, divisioni o odio tra chi si tampona e chi decide di non farlo. Ci si appella alla responsabilità di ognuno, al senso civico e la parola data, in uno stato democratico e liberale, sembra che ancora conti qualcosa. Non è esattamente quello che succede in Italia, dove si aprono le scuole per finire in Dad.

Il modello italiano nella gestione della pandemia non è quindi l’unico possibile e sicuramente non il migliore vista la burocrazia e la crisi che evidenziano gli operatori economici. Infatti oggi in Italia sono scontenti tutti: il non vaccinato che non può fare niente se non andare in farmacia, al supermercato a o comprare la legna; il vaccinato che grazie alla burocrazia è segregato in casa; i ristoratori che lamentano locali vuoti e tasse da pagare, i negozianti con le saracinesche abbassate.

In Italia la divisione dei cittadini in buoni e cattivi ha creato una frattura sociale insanabile. E così, se da un lato si mandano messaggi di morte ai virologi, dall’altra si creano risse se non si indossa correttamente la mascherina in un Autogrill

L’introduzione del Green Pass, strumento politico senza alcuna valenza sanitaria, ha creato una falsa garanzia, quella di “trovarsi tra persone non contagiose” (Draghi dixit: conferenza stampa del 22 luglio 2021), che ha portato a un aumento di contagi fra doppiamente vaccinati finiti spesso anche in terapia intensiva.

Ma il virus non tiene conto dei decreti e invece di riconsiderare le convinzioni iniziali sul Green Pass torna più comodo additare i non vaccinati e giustificare l’obbligo vaccinale con i numeri delle terapie intensive, occupati per i due terzi da no-vax. Eppure, su un totale di 8.619 posti disponibili solo il 20 per cento è occupato da pazienti “con” il Covid. C’è quindi ancora spazio per altre patologie gravi. Il caos negli ospedali sembrerebbe provocato più dall’aumento dei sanitari positivi e dalle quarantene volute dalla burocrazia che da chi ha scelto di non vaccinarsi.

Il ritornello tanto di moda, “devi vaccinarti per proteggere gli altri”, inizia a perdere consensi. Chi si vaccina protegge solo e soltanto se stesso. Con quasi il 90 per cento della popolazione vaccinata e il 10 per cento dei no-vax praticamente segregati in casa, chi è che trasmette il virus in giro?

Ricapitolando: se il vaccinato, anche contagiato è protetto, per quale ragione praticamente solo in Italia bisogna continuare ad estorcere con la forza un vaccino a una minoranza di cittadini che, un po’ per paura un po’ per convinzione non lo vogliono proprio fare? Fino al punto di levargli lo stipendio? Anche dopo la sentenza della Corte Suprema americana che va nella direzione opposta?

Basterebbe tenere a mente la risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2361/2021 relativa alla non obbligatorietà del vaccino, che ribadiva l’importanza di non discriminare coloro che avrebbero liberamente deciso di non farselo inoculare.

Ma non c’è limite al peggio. La burocrazia del Covid arriva al punto di bloccare in Italia persino l’accesso al pronto soccorso se non si mostra all’ingresso un tampone molecolare. Alla faccia dell’emergenza. E la sala operatoria dell’Ospedale Galeazzi di Milano sembra essere off limit per chi non è vaccinato con almeno tre dosi.

I pro-vax esultano. Tante le loro proposte: da quella di chiudere la scuola ai bambini non vaccinati fino a far pagare le cure mediche ai no-vax. Ci sono quasi riusciti. L’odio sociale aumenta. Non potrebbe essere altrimenti.

Non rimane che rimpiangere il primo lockdown, tutti chiusi in casa a cantare fuori dai balconi. Almeno allora l’Italia era una nazione unita nel tricolore e con tanta speranza nel futuro. Andrà tutto bene, everything will be all right

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