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Ocean Viking a Pozzallo dopo 11 giorni (e il voto in Umbria), ma ora il teatrino non serve più

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Hanno avuto un bel coraggio le ong ad accusare ancora una volta di insensibilità e cinismo l’Europa solo perché una loro imbarcazione non ha ottenuto tempestivamente il permesso di raggiungere Malta o l’Italia, tanto più che si tratta della Ocean Viking che, da quando ad agosto è iniziata la crisi di governo, ha fatto la spola tra Libia e Italia dove ha sbarcato senza ostacoli né indugi centinaia di emigranti illegali.

Caso mai potrebbero risentirsi i politici e gli attivisti ai quali la nuova situazione politica ha tolto il palcoscenico sul quale si esibivano: da agosto nessun pretesto per Delrio, Orfini e altri parlamentari per salire sulle navi delle ong, esibire solidarietà con i “naufraghi” e con i “soccorritori” costringendo all’accoglienza il governo dei “porti chiusi”. E dire che, soprattutto nelle ultime settimane, ci sarebbe stato bisogno di un nuovo, clamoroso caso Sea Watch, dal momento che per quasi due mesi l’emergenza umanitaria è stata del tutto eclissata da quella ambientale e l’attenzione si è rivolta alla nave a vela che portava a New York Greta Thunberg, alla di lei performance alle Nazioni Unite, agli scioperi per il clima dei Fridays for Future, ai funerali ai ghiacciai e all’Amazzonia in fiamme.

L’unica a correre ai ripari è stata Carola Rackete, il capitano della Sea Watch protagonista di una delle più discusse prove di forza con il ministro dell’interno Matteo Salvini, quella che a fine giugno ha “forzato il blocco” e ha persino speronato una motonave della guardia di finanza pur di attraccare al porto di Lampedusa. Carola si è prontamente riposizionata proponendosi in chiave di ecologista militante. Il 19 settembre scorso, ad esempio, è intervenuta alla trasmissione televisiva Piazzapulita ostentando una t-shirt di Extinction Rebellion, il gruppo ambientalista nato in Gran Bretagna che milita contro il global warming organizzando azioni di disobbedienza civile, per deplorare la “catastrofe ambientale” di cui i Paesi ricchi sono responsabili, con uno scontato rimando alla propria missione pro migranti: “Se causi condizioni socio-economiche che producono dei fattori che spingono queste persone a lasciare il proprio Paese, dobbiamo assumerci delle responsabilità se poi desiderano venire da noi”.

Ma neanche lei, che pure ha rivelato di avere un master in conservazione della natura e ha parlato a Piazzapulita in collegamento da Berlino per evitare per ragioni ambientali di prendere un aereo, è riuscita a tornare in prima pagina. Greta e il cambiamento climatico hanno occupato tutta la scena per settimane, travolgenti come uno tsunami, se è lecito il paragone.

Solo da poco è tornato vivo l’interesse per i flussi migratori illegali e la vicenda della Ocean Viking, per giorni costretta ad aspettare in mare con il suo carico di emigranti, è giunta proprio a proposito, quasi fosse concertata per stornare l’attenzione da alcune notizie imbarazzanti per chi adesso ci governa, e provare a rianimare nella gente sensi di colpa e di compassione. Il fatto più recente è il voto al Parlamento europeo del 24 ottobre. Per due voti, 300 no e 298 sì, l’assemblea ha bocciato una risoluzione presentata da Juan Fernando Lopez Aguillar a nome della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, che chiedeva di aprire i porti del Mediterraneo alle ong. Il 3 ottobre c’era stata l’audizione di Carola Rackete davanti al Parlamento europeo in occasione della commemorazione del naufragio verificatosi il 3 ottobre del 2013 al largo di Lampedusa, a causa del quale morirono 368 persone. Benché accolto con una standing ovation, il suo intervento evidentemente non ha convinto un numero sufficiente di eurodeputati.

Pochi giorni prima del voto a Bruxelles era stato smentito il successo del summit di Malta, conclusosi con una bozza di accordo tra i Paesi Ue che il governo italiano aveva presentato come evento “storico” e che invece l’8 ottobre il Consiglio Ue degli Affari europei non ha ratificato: a mala pena cinque i Paesi d’accordo a ridistribuire gli emigranti, anzi no, i richiedenti asilo e solo a condizione che non ne arrivino migliaia.

A queste notizie si aggiungono i dati sugli arrivi. In sette mesi, dal 1° gennaio all’8 agosto 2019 (data di inizio della crisi politica) sono sbarcati in Italia 4.042 emigranti illegali. In meno di tre mesi (9 agosto-28 ottobre) ne sono arrivati 5.385, in gran parte a partire dal 5 settembre, giorno di inizio del governo Conte 2.

Per tentare di attenuare la preoccupazione dei cittadini italiani, lo sconforto e la rabbia, tanto maggiori perché nel frattempo si preparano aumenti delle imposte e una lotta all’evasione che offende per i toni usati e i metodi annunciati, ecco provvidenziale una nave in attesa, con il suo carico di 104 di emigranti, 41 minori, il 76 per cento dei quali non accompagnati, due donne incinte, tante storie di sofferenze patite, di anni trascorsi in cammino. Mai sia detto che sono persone che hanno raggiunto il Mediterraneo servendosi di organizzazioni criminali, pagandone i servizi, e che stanno compiendo l’ultimo tratto del loro viaggio clandestino su una nave che li ha trasbordati da una imbarcazione guidata da uno scafista al soldo di una delle organizzazioni suddette.

Esaurita la funzione di giustificare l’ingiustificabile, ecco la scontata conclusione: la Ocean Viking sbarca a Pozzallo, ha ottenuto l’autorizzazione.

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