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OMS: buone intenzioni, cattive esecuzioni

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Nel corso della prossima settimana (1-6 ottobre) si svolgerà a Ginevra, in Svizzera, il COP8: l’ottava sessione delle conferenze organizzate dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sul tema del controllo del tabacco. Durante gli incontri, verranno elaborate azioni e soluzioni di medio termine, per raggiungere determinati obiettivi nell’arco dei prossimi cinque anni. Alla rilevanza di queste decisioni, si aggiunge lo slogan del convegno che recita: “Protecting present and future generations”. Viste le premesse, è interessante approfondire l’argomento per capire quali azioni si vogliono intraprendere e se l’OMS sia realmente in grado di tenere fede alle proprie intenzioni.

Quando nasce la necessità di controllare il mercato del tabacco e perché? Adottato tra il 2003 e il 2005 il FCTC (Framework Convention on Tobacco Control), si è sviluppato come un patto tra Stati per cercare di proteggere l’umanità dalle conseguenze negative del consumo di (e dell’esposizione al) tabacco – aumentato come effetto della globalizzazione – adottando regole e limiti universali. Per questo motivo, gli accordi comprendono forti restrizioni sulla produzione, la vendita, la distribuzione, la promozione e la tassazione dei prodotti tabacchiferi.

Qui si presenta, ad avviso di chi scrive, un’importante critica. Infatti, tutte queste misure hanno contribuito – e continuano a farlo – a distorcere enormemente il “percorso naturale” del mercato del tabacco. Si potrà rispondere che il tabacco non è un prodotto come gli altri, che i suoi effetti dannosi sono sotto gli occhi di tutti e che per tali ed altri motivi occorre trattarlo come un bene “speciale” e, di conseguenza, regolarlo e tassarlo pesantemente. Sono tutte buone ragioni, ma se si mette per un attimo da parte la reazione emotiva ed impulsiva al problema, ci si rende conto che le leggi dell’economia non smettono di funzionare per beni come il tabacco: la produzione, la compravendita e l’utilizzo di questi prodotti seguono le stesse identiche “regole” e le stesse identiche modalità di qualunque altro bene per cui ci sono una domanda e un’offerta.

Appare chiaro, dunque, che la regolamentazione eccessiva e le restrizioni economiche non possono essere la reale soluzione al problema. Chi scrive propone un approccio più liberale, con la reale liberalizzazione del mercato – che parta dal primo produttore e arrivi al consumatore finale, passando per gli intermediari (si ricorda che ora, in Italia, vi è un monopolio statale dei tabacchi e che i rivenditori necessitano di una licenza onerosa che ne garantisce poi, però, un privilegio nella vendita) – e un taglio deciso alle troppe regole e tasse che minano da una parte le capacità di produzione e innovazione e dall’altra il potere d’acquisto dei consumatori. Una strada che, però, né l’OMS, né i delegati partecipanti alle conferenze (COP8 e precedenti) hanno mai dichiarato di voler seguire, convinti che tali problemi si possano risolvere solo con la proibizione e le restrizioni, nonostante innumerevoli casi passati ed attuali abbiano dimostrato il contrario.

Quale dovrebbe essere, dunque, il ruolo dell’OMS e quali decisioni dovrebbero prendere i partecipanti alle conferenze del FCTC? Come si è visto, la regolamentazione non è la soluzione. Si potrebbe pensare allora allo sviluppo e al sostegno all’educazione che, se da una parte ha indubbiamente lati positivi – in quanto permette a una larga platea di venire a conoscenza delle conseguenze dell’assunzione del tabacco e di poter, di conseguenza, scegliere responsabilmente se utilizzarne o meno i derivati – dall’altra rivela il lato negativo dell’indottrinamento forzato e della parzialità delle istituzioni pubbliche che prendono una determinata posizione minando le basi di una società libera e, più nello specifico, l’attività commerciale di determinati settori (con tutte le conseguenze economiche e sociali che ne derivano).

Cosa fare allora? Il meno possibile: less is better. A parte gli slogan, una proposta interessante potrebbe essere quella di creare l’ambiente “sociale” e “politico” migliore per permettere a istituzioni locali e più connesse alle reali esigenze dei singoli individui di entrare nel processo e, eventualmente, sviluppare, sempre a livello locale, soluzioni “volontarie” e associazioni volte ad aiutare e sostenere chi dovesse avere bisogno di aiuto per via dei problemi causati dall’acquisto e dal consumo di tabacco. Fortunatamente, esistono già realtà di questo tipo, grazie ad alcuni movimenti nati proprio per tutelare i bisogni, la salute e le più svariate esigenze dei consumatori: una di queste è il Consumer Choice Center che, a poco meno di due anni dalla fondazione e dall’inizio delle attività, è presente in più di 100 Paesi (Italia compresa), con dipendenti e volontari attivi sia a livello nazionale che locale, per esaminare e difendere le esigenze dei consumatori. Un compito non semplice, reso ancora più complesso proprio da istituzioni come l’OMS che, tra le altre cose, non ne permette la partecipazione di alcun delegato alle conferenze, creando un controsenso logico: chi è più vicino ai consumatori, chi è in grado di capirne ed elencarne le richieste, non può partecipare al processo decisionale che si propone di elaborare soluzioni che li proteggano.

E’ evidente che, nonostante le ottime intenzioni, l’OMS non stia percorrendo la strada giusta per risolvere i problemi legati al tabacco. Come dice Luca Bertoletti, European Affairs Manager del già citato Consumer Choice Center: “L’OMS ha perso la bussola. Deve decidere se continuare sulla cattiva strada e diventare nient’altro che l’ennesima organizzazione burocratica e paternalistica, o tornare sui suoi passi e intraprendere il giusto percorso per tutelare la salute e salvare vite umane”. Si ha l’impressione, a pochi giorni dal convegno, che le decisioni che saranno prese durante il COP8 a Ginevra, non andranno nella giusta direzione: è probabile che ne deriveranno ulteriori restrizioni e maggiori controlli. Una situazione che ci deve invitare a riflettere sul ruolo di determinate istituzioni e sul loro operato: è necessario armarsi di sano scetticismo anche nei confronti di organizzazioni che si pongono obiettivi così importanti e di carattere universale.

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