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Quel pasticciaccio brutto dell’Inps: il ministro Di Maio intervenga

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In questi ultimi giorni, circa 15 milioni di pensionati INPS hanno ricevuto una strana lettera non datata, inviata per posta ordinaria e senza timbro postale. La lettera (sottolineo: senza data) è firmata dal nuovo direttore generale dell’istituto, Gabriella Di Michele, la quale, probabilmente in quanto nuova nell’incarico, non sa che tutte le lettere ufficiali di funzionari pubblici devono essere datate. Oggetto della lettera è “invio Certificazione Unica rettificata”. La Dr.ssa Di Michele afferma che la rettifica è stata “resa necessaria per integrare, sostituire o correggere i dati della precedente Certificazione unica”. In allegato alla lettera viene inviato un nuovo CUD datato 31 marzo 2018, firmato dal presidente dell’INPS e recante in calce ad ogni pagina “il presente modello annulla e sostituisce il precedente”.

Ciò ha creato lo scompiglio e l’ansia tra milioni di italiani, specialmente tra coloro che avevano utilizzato la dichiarazione precompilata preparata dall’Agenzia delle entrate o che comunque avevano già adempiuto alla dichiarazione del loro reddito. Nel mio caso, rivoltomi al mio commercialista, i dati del CUD rettificato sono identici a quelli del CUD scaricato in aprile dal sito INPS. Mi sono quindi informato presso l’istituto. Sembra che “per non sapere né leggere né scrivere” i solerti dirigenti INPS abbiano deciso di inviare il CUD “rettificato” a tutti i pensionati che dall’istituto ricevono le loro spettanze, anche nell’eventualità che sia identico a quello scaricato dal sito alcuni mesi fa.

Ciò comporta vari problemi. Chi ha già presentato la dichiarazione dei redditi deve comunque inviare il nuovo CUD e del caso ricalcolare l’imposta; ciò implica perdita di tempo e di denaro (se si è assistiti da un professionista). L’Agenzia delle entrate verrà travolta da una valanga di CUD vecchi e nuovi. Alcuni studi legali stanno già valutando una “class action”, perché i pensionati siano risarciti dall’INPS. Il risarcimento potrebbe essere, dato il numero di persone che coinvolge, tale da mettere a repentaglio le casse dell’INPS. A questi aspetti civilistici se ne aggiungono altri di ben più complesso profilo: potrebbe esserci un’ipotesi di falso in atto pubblico, se il primo CUD o il secondo fossero errati. Tertium non datur.

A questo punto, sembra improcrastinabile che il ministro del lavoro, Luigi Di Maio, riferisca in Parlamento sia a ragione dell’alto numero di cittadini coinvolti, sia perché il costo dell’operazione potrebbe impedire la realizzazione di alcuni punti del programma di governo, peraltro ancora in cerca di copertura. Il ministro ha la responsabilità politica del pasticciaccio brutto. Deve informare il Parlamento di quali misure intende prendere nei confronti dell’attuale gestione dell’INPS.

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