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Si riaccende lo scontro sulla famiglia e i diritti civili, ma la cultura liberale è ancora la grande assente

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Il tema della famiglia o delle famiglie, viste al plurale sia come unioni di uomini e donne che come legami fra persone del medesimo sesso, è tornato ad agitare la politica italiana e a porre nuove divisioni nella maggioranza di governo, come se essa non litigasse già abbastanza su tanti altri argomenti. Il ritorno di fiamma dello scontro su famiglia tradizionale e diritti civili, molto divisivo in Italia, è dovuto senz’altro al Congresso mondiale delle famiglie, che si svolgerà a Verona dal 29 al 31 marzo prossimi. Il Governo sembrava intenzionato, fino a qualche giorno fa, ad offrire il proprio patrocinio alla kermesse, poi vi è stato il passo indietro. Matteo Salvini, legittimamente, parteciperà all’evento, mentre Di Maio, altrettanto legittimamente, farà altro. Le polemiche tuttavia galoppano e forse aumenteranno d’intensità durante e subito dopo il congresso di Verona.

Diamo dei cognomi, più che altro per comodità di linguaggio e per capirci meglio. Tra il fronte di Salvini, Meloni e Massimo Gandolfini, presidente del Family Day nonché attivista pro-life da sempre, e quello di Monica Cirinnà, senatrice Pd e prima firmataria della legge del 2016 sulle unioni civili, scopriamo, per l’ennesima volta e con rinnovata delusione, come continui a mancare in Italia un autentico spirito liberale, grazie al quale sarebbe più semplice affrontare, a livello tanto legislativo quanto culturale, le sfide inevitabili di una società in perenne evoluzione, che però non può nemmeno scordarsi le proprie radici. L’ormai storico “Non possiamo non dirci cristiani”, pronunciato peraltro da un liberale, Benedetto Croce, non da un democristiano, dovrebbe fare riflettere ancora oggi. Assistiamo invece a toni e modi di manifestare volutamente esasperati, inutili poi, nel concreto, a qualsiasi causa e soprattutto a qualsiasi tipo di famiglia. Se si va in piazza, come ha fatto la senatrice Cirinnà, con cartelli offensivi nei confronti di chi, liberamente, sceglie di credere in Dio ed uniforma le proprie scelte, anche di vita famigliare, alla fede religiosa, non si è affatto liberali o emancipati, ma integralisti. In sostanza, l’altra faccia della stessa medaglia dove compaiono anche gli invasati per i quali gli omosessuali sono tutti figli del diavolo. Neppure le rivendicazioni accompagnate da bestemmie sono di grande aiuto per la conquista di nuovi diritti.

Si può essere più o meno d’accordo con i contenuti e i partecipanti del congresso delle famiglie di Verona, ma visto che siamo in democrazia e nessuno è costretto con la forza ad andarci, non pare davvero il caso di demonizzare oltremisura l’appuntamento, come se si trattasse di un raduno di serial killer. Evitino, certi giornalisti televisivi, determinate espressioni facciali, contrite e scandalizzate, quando parlano di esponenti politici, come Salvini, che presenzieranno alla manifestazione veronese, perché altrimenti si va incontro ad una sorta di inquisizione al contrario. La politica ha il dovere laico di individuare sempre la sintesi fra i continui mutamenti e l’identità culturale e religiosa, ma non si raggiunge lo sviluppo di una società mettendo a tacere o ridicolizzando le voci sgradite. Il più importante combattente laico di questo Paese, ovvero Marco Pannella, si scagliava sì contro le gerarchie vaticane e il loro potere, più politico che spirituale, ma non puntava a silenziare e nemmeno sfotteva il popolo dei credenti. Ancora meno faceva sfoggio di bestemmie. Ma Pannella, pur con tutti i suoi difetti, era un liberale, mentre Cirinnà e compagni sono cresciuti con un latte diverso.

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