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Sottovalutati gli effetti negativi del lockdown e il terrorismo mediatico. Parla il dottor Samadi

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Il dottor David Samadi, americano cresciuto nella comunità ebreo-persiana di Teheran prima di essere costretto alla fuga dalla Rivoluzione Islamica del 1979, è a capo della Chirurgia Robotica presso l’Ospedale Lenox Hill ed è una delle voci che più si è distinta per ragionevolezza e competenza in questi mesi in cui la crisi legata alla pandemia del coronavirus ha diviso l’America e la sua politica come non mai. Atlantico Quotidiano lo ha intervistato.

DANIELE MELONI: In passato, quando il presidente Trump ha suggerito che il coronavirus avrebbe potuto essere eliminato dai raggi UV, i media hanno ridicolizzato le sue frasi e lo hanno deriso. Di recente abbiamo visto che non era una cosa del tutto peregrina. Perché gli esperti stanno cambiando idea?

DAVID SAMADI: L’uso degli ultravioletti per eliminare i virus e i batteri è roba vecchia di cent’anni, non è nulla di nuovo negli ospedali. Ha ottenuto un buon successo nel combattere l’influenza H1N1 e altri coronavirus come il SARS-CoV e il MERS-CoV, così ora c’è un rinnovato interesse nel loro utilizzo in posti come le scuole, i ristoranti e gli uffici, per ridurre la trasmissione del virus. La gente vuole tornare alla normalità e abbandonare la “nuova normalità” post-Covid. Le ricerche si stanno attivando riguardo alla possibilità di installare unità di raggi UVF per decontaminare l’aria negli spazi pubblici e anche la possibilità di utilizzare un’altra onda di raggi chiamata UVF-222 o Far-UVF che si crede possa avere meno effetti sulle cellule umane. Credo che questi dispositivi abbiano un grande potenziale per l’eliminazione di virus come il Covid-19 e sono la nostra più grande speranza per tornare alle nostre vite pre-Covid.

DM: Molte persone hanno visto solo gli aspetti positivi del lockdown ma la realtà è che ha avuto un effetto terribile sull’economia e sulle persone. Pensi che gli aspetti sociali e psicologici del lockdown siano stati sottovalutati?

DS: Sì, certamente. La pandemia è diventata una crisi sia epidemiologica sia psicologica. All’inizio il focus era su chiudere tutto e mettere in quarantena quante più persone possibile con l’intento di non affollare gli ospedali con i pazienti del coronavirus. Le intenzioni erano buone ma deleterie sul lungo termine. In una società libera il lockdown non può che avere effetti negativi sulla psiche delle persone. I media hanno diffuso paura e negatività costantemente, ripetendo le varie misure di precauzione (indossate le mascherine, lavatevi le mani, distanziatevi) senza alcuna menzione degli aspetti legati alla salute mentale. E i dati che abbiamo ci raccontano di un aumento di suicidi, utilizzo di alcool e droghe, molestie e crimini. Vivere in isolamento cambia la vita e inficia il benessere di ciascuno di noi. Ora ci si sta occupando anche di questo ma avremmo dovuto essere vigili sin dall’inizio, calibrando meglio i messaggi. Soprattutto quelli mediatici.

DM: Come si uscirà dalla pandemia?

DS: Nessuno può dirlo con certezza. Il Covid-19 è un nuovo coronavirus, non sappiamo come e quando se ne andrà. In passato le pandemie legate alla suina o all’H1N1 sono durate dai 12 ai 36 mesi. Anche se ora siamo molto più preparati nelle cure del Covid-19 rispetto all’inizio della sua diffusione, c’è ancora molto da imparare riguardo a esso. Credo che nel 2021 ci sarà un vero e proprio progresso riguardo alla lotta al virus. Il modo più semplice per uscire dalla pandemia è legato all’immunità di gregge. Questa si ottiene in due modi: o lasciando il virus circolare naturalmente nella maggioranza della popolazione e facendo sì che si sviluppino anticorpi che porterebbero all’immunità. Purtroppo, con questo metodo si rischia un numero di vittime molto elevato e la nostra società non è disposta a tollerarlo. Oppure si può uscire dalla pandemia grazie allo sviluppo di un vaccino efficace contro il virus. In questo modo si raggiungerebbe l’immunità di gregge più velocemente e con meno vittime. Una volta che il vaccino è sviluppato si tratterebbe solo di calibrare la sua distribuzione e la graduatoria delle persone che dovrebbero essere vaccinate per prime.

DM: Pensi che il coronavirus abbia esposto la presenza di un problema di fondo della sanità americana? L’Obamacare è servito a qualcosa?

DS: Sicuramente il nostro sistema sanitario ha dei problemi, ma voglio rilevare che come Paese l’America tutte le volte che si è trovata di fronte a problemi monumentali ha sviluppato delle soluzioni creative e all’avanguardia, ampliando il suo know-how nel sistema sanitario. Lo scoppio della pandemia ha colto di sorpresa tutti, non solo l’America. I problemi avuti qui legati alla mancanza di camici, guanti e mascherine per gli operatori sanitari, quella dei ventilatori nei reparti di terapia intensiva e la dipendenza dalla Cina in farmaci come gli antibiotici e l’aspirina sono stati evidenti. Dobbiamo far sì che la produzione di questi elementi fondamentali per combattere il Covid torni sul suolo americano. Un altro problema è legato alla telemedicina e alle leggi ormai fuori dai tempi che la regolano. L’Affordable Care Act – meglio conosciuto come Obamacare – ha manifestato tutti i suoi difetti. Non è un’assicurazione sanitaria sul modello europeo che copre tutte le persone: per molti la sanità rimane off-limits o comunque troppo onerosa. Specialmente per la working class, che avrebbe dovuto beneficiare al massimo dall’Obamacare.

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