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È tempo di spy stories sotto l’ombrellone: consiglio letterario a Salvini per esorcizzare il pericolo russo

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Le vacanze arriveranno anche per il governo e viste le ultime roventi polemiche che interessano la Lega e i rubli di matrice russa, per prendere le misure o esorcizzare la paura Matteo Salvini sotto l’ombrellone potrebbe dedicarsi alla lettura della saga di Gabriel Allon, la spia israeliana protagonista dei romanzi dell’autore americano Daniel Silva. L’ultima puntata, in ordine di tempo, è quella raccontata da “L’altra donna”, edito da HarperCollins, ma sono ben diciotto i capitoli che narrano le sue avventure: il primo risale al 2000, si intitola “Il restauratore” perché questa è l’occupazione di Allon quando non è alle prese con un intrigo internazionale. Ed è un ottimo restauratore, al servizio anche del Vaticano.

Da spia a capo dell’Ufficio, il termine con il quale Silva indica il Mossad: il percorso di Allon è contrassegnato da alcuni punti fermi. Gli amici o gli alleati per esempio: il maestro e vate Ari Shamron che lo arruolò per l’operazione “Ira di Dio”; i colleghi Uzi Navot ed Eli Lavon; la moglie italiana Chiara, figlia del rabbino di Venezia e conosciuta sul campo; i britannici Graham Seymour, capo dell’MI6, e Christopher Keller, ex SAS con un trascorso nella mafia corsa; l’americano Adrian Carter, veterano della CIA. E dai nemici: gli iraniani, i terroristi di Al Qaida e dell’Isis e – soprattutto – i russi, responsabili anche della morte del suo primo figlio, tragedia che condurrà alla pazzia la prima compagna della sua vita, Lea.

Silva ha dedicato i suoi studi alle relazioni internazionali, ha divorato i libri di spionaggio ambientati nella Guerra Fredda, ha approfondito la conoscenza della Russia e della sua storia e le ha riservato molte pagine dei suoi lavori da scrittore, carriera intrapresa dopo quella giornalistica per l’agenzia United Press International. Giornalista è la moglie Jamie Garner: si sono conosciuti mentre entrambi erano corrispondenti in Medio Oriente e dopo le nozze Silva, cresciuto cattolico, si è convertito all’ebraismo, la religione della consorte. Ha frequentato per anni l’ex presidente George H. W. Bush, che nella sua carriera ha ricoperto l’incarico di direttore della CIA. Tasselli che hanno contribuito alla felice invenzione di Gabriel Allon.

Nei romanzi di Silva il famigerato KGB esiste ancora, nei mezzi e nei modi, sotto la nuova sigla FSB: opera spesso dietro alle facciate di aziende e società che hanno sede nella grandi città europee e che si occupano da una parte di attrarre clienti per la Grande madre patria, dall’altra di muovere i capitali che occorrono ai suoi operativi e intermediari come lo spietato Ivan Kharkov, trafficante d’armi che ne “Le regole di Mosca” e “Il disertore” ingaggia con Allon una guerra personale che si ripercuote sulle rispettive famiglie. Oppure si avvale di pedine insospettabili come Madeline Hart, astro nascente della politica inglese, amante del primo ministro Jonathan Lancaster, ma in realtà di origine russa, allevata dalla Lubjanka nella desolata periferia londinese “alle spese del welfare britannico”. A tirare le fila è sempre lo Zar: il capo di stato russo non ha mai un nome, ma un appellativo che dice tutto da sé.

Stile asciutto e veloce che pare fatto apposta per una sceneggiatura cinematografica, risvolti e colpi di scena che attirano il lettore, dettagli e suspense che impediscono di restare delusi. Ma nelle pagine della saga ci sono anche l’ironia (“Sprecare il tempo prezioso altrui è la vendetta dei burocrati”) e l’umorismo (“Una qualità che abbiamo sviluppato a furia di avere i russi come vicini. È molto utile durante un pogrom. Rende più sopportabile l’esperienza di vedere bruciare il proprio villaggio”). “I russi non credono nella speranza”, sentenzia Allon ne “L’altra donna”. Scelgono di agire e di non restare a guardare. Meglio annotarselo prima di ritrovarsi nuovamente al tavolo con un Gianluca Savoini indigesto.

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