PoliticaQuotidiano

Tra Pd e M5S una fusione a freddo che faticherà a conquistare gli elettori: intervista ad Andrea Altinier

4.8k
Politica / Quotidiano

“L’alleanza tra Pd e M5S non ha avuto il percorso tradizionale della formazione di una coalizione, ma è stata una fusione a freddo, priva di valori condivisi, per frenare Salvini’’. E anche per questo “il Conte Bis non gode della luna di miele con gli elettori”. Andrea Altinier, docente universitario presso lo Iusve, a lungo nello staff di Luca Zaia per la gestione dei rapporti con la stampa, esperto di comunicazione politica e media relations (ha collaborato con Swg e collabora con Youtrend.it), analizza gli scenari sorti dopo la svolta di agosto. Evidenziando le difficoltà di un governo che probabilmente “faticherà a trovare i favori degli italiani, che spesso vogliono un rapporto diverso con Bruxelles e alla strategia della negoziazione preferiscono quella dei pugni sul tavolo per non essere comandati da Merkel e Macron”.

MARTINO LOIACONO: Professore, partiamo subito da Renzi: quanto può pesare la sua scissione sul Pd?

ANDREA ALTINIER: I sondaggi che ho visto hanno delle oscillazioni molto ampie: Italia Viva varia tra il 3 e l’8 per cento. Bisogna aspettare per avere dati più solidi. Quel che è certo è che Renzi può drenare voti al Pd. Un Pd che sta perdendo terreno per via dell’alleanza con i 5 Stelle.

ML: Renzi aveva dei motivi per staccarsi dal Pd?

AA: Dal punto di vista programmatico no. Politicamente sì, perché Renzi dà il meglio di sé quando è al centro della scena. Durante il governo gialloverde stava rischiando di essere dimenticato ed era in balìa del Pd, oggi è tornato protagonista ed è sotto i riflettori. Questo posizionamento gli permetterà di criticare il governo e di dettare agenda e tempi del Conte bis. Avendo spinto il Pd a sinistra, può collocarsi al centro e occupare uno spazio che ritiene strategico e su cui può esercitare un certo appeal.

ML: Come impatta questa scelta sul futuro dell’esecutivo giallorosso?

AA: Quella di Italia Viva sarà sicuramente una spina nel fianco del governo. Un governo che, va ricordato, è nato da una fusione a freddo e che ha già avuto un incidente parlamentare sul caso Sozzani. In ogni caso, è difficile fare previsioni. Renzi ha dato come scadenza il 2022, quando si eleggerà il presidente della Repubblica, e probabilmente proveranno ad arrivare compatti a quella data. Ma molto dipenderà dalle elezioni regionali. Bisogna anche riconoscere che il governo parte con un deficit notevole: senza luna di miele con gli elettori. E per arrivare a fine legislatura deve avere fiato lungo, ovvero contenuti e riforme, invece talvolta sembra avere il fiato corto a causa di fattori esterni.

ML: Cosa può succedere alle regionali?

AA: Nella narrazione del governo sembra sia scattato un meccanismo volto a costruire alleanze ovunque. Non alleanze per un progetto comune, ma alleanze per forza e che sembrano forzate come in Umbria: non il candidato migliore ma quello che permette ai due partiti di andare d’accordo. Il Pd è vittima dell’ossessione Salvini e della dittatura dell’istante. Invece, dovrebbe lavorare per costruire un percorso graduale di relazione calda con gli elettori per spiegare l’alleanza. La scelta è dunque pericolosa, soprattutto per i Dem che in Umbria stanno ritirando il loro candidato per appoggiare quello grillino. Questo li espone a diversi rischi con un elettorato che non è maturo per un’operazione di questo tipo.

ML: Quali?

AA: Il Pd rischia di perdere i suoi forzieri elettorali, in cui ha milioni di voti, in questa fase Emilia-Romagna e Umbria. Se dovesse perdere anche il suo elettorato tradizionale, potrebbe addirittura diventare costola del Movimento 5 Stelle. Credo che questa alleanza M5S e Pd rischi di diventare una lotta per l’egemonia a sinistra e non è scontato la vincano i Dem. I grillini hanno iniziato da mesi l’opa sui temi della sinistra: ambiente, salario minimo, reddito di cittadinanza. Questa fusione, come ho già detto, non ha avuto il percorso tradizionale della formazione di una coalizione, ma è stata una fusione a freddo rapida e veloce, non per una visione comune, ma per frenare Salvini. È presto per dirlo, ma i sondaggi registrano un calo del Partito democratico e una crescita dei grillini. C’è poi un’altra questione: se davvero il Pd appoggerà le varie alleanze locali, significa che potrebbe appoggiare anche la Raggi…

ML: Che ruolo ha avuto Conte nell’alleanza tra Pd e M5S?

AA: È stato decisivo. Quando si muove nello scacchiere istituzionale è molto abile, ma quando entra la politica e i contrasti si fanno più aspri, lui si eclissa. Dopo Pontida e la scissione di Renzi, in effetti, è scomparso. Mi sembra improbabile che un suo movimento possa giungere al 21 per cento. Non avendo un partito alle spalle, farà molta fatica, anche perché Renzi lo terrà sotto pressione.

ML: Veniamo a Salvini: è davvero finito come dicono?

AA: Io non ritengo affatto che sia in declino o che sia morto. Probabilmente ha commesso un errore grave, come rivelano i sondaggi che hanno registrato una perdita di voti, ma non vi è stato un crollo verticale. Al netto della situazione la Lega resta ampiamente il primo partito. Il Carroccio, a differenza di altri partiti, infatti, non ha messo in discussione il proprio leader, che invece è stato difeso. Zaia, Fedriga, Fontana e Giorgetti hanno fatto quadrato attorno a Salvini. Immagine rafforzata anche dal raduno di Pontida. Penso che Salvini si rilancerà all’opposizione, un ruolo in cui si muove con facilità.

ML: Su quali temi farà opposizione?

AA: Autonomia, sicurezza, immigrazione e tasse. Saranno queste le quattro bandiere che Salvini sventolerà dall’opposizione. Di certo non si focalizzerà sulla legge elettorale, un tema troppo tecnico che non fa presa sugli elettori. Ancora una volta cercherà posizionamenti chiari e semplici che saranno facilmente comunicabili sulla rete, sul territorio e in televisione. L’opposizione potrebbe fargli riprendere quota, viste le sue capacità comunicative. Basti pensare al tema del fisco: a breve identificherà il governo giallorosso come quello delle tasse. O all’immigrazione, tradizionale bacino di voti leghista. Ogni sbarco sarà sicuramente un tema su cui si ancorerà la comunicazione salviniana.

ML: Nel caso in cui il governo non durasse Salvini avrà strada spianata?

AA: Difficile. Intanto, perché ci sarà l’alleanza di centrodestra che potrebbe frenarlo e poi perché resta l’inchiesta su Mosca che può essere una bomba ad orologeria. La giustizia rimane un attore importante sulla scena e in grado di modificare la scacchiera politica. In questo caso la Lega potrebbe puntare su profili più istituzionali per guidare il governo lasciando a Salvini il ruolo di frontman.

ML: E l’Unione Europea?

AA: Francia e Germania faranno di tutto per far durare questo governo, perché sono riusciti a tagliare fuori Salvini, il loro principale nemico. Avendo protetto Mattarella, stanno aprendo a maggior flessibilità. Non è comunque detto che un esecutivo così europeista trovi i favori degli italiani, che spesso vogliono un rapporto diverso con Bruxelles e alla strategia della negoziazione preferiscono quella dei pugni sul tavolo per non essere “comandati” da Merkel e Macron. Un concetto che Salvini conosce bene.

Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde