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“La cattedrale del mare”, di Ildefonso Falcones: un romanzo che celebra la storia europea

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In un tempo come questo in cui le cattedrali (gotiche) vengono bruciate, noi raccontiamo la storia della costruzione di una cattedrale (gotica). Una delle più belle d’Europa. La Catedral del Mar di Barcellona. Il romanzo, pubblicato nel 2009 da Tea in italiano, è uno dei grandi miracoli della narrativa popolare contemporanea che ancora ci fanno credere nei casi letterari, quelli veri che vendono tantissime copie. E soprattutto che i romanzi storici abbiano appeal fra il grande pubblico.

È una storia di liberazione dalla condizione di schiavitù e di ascesa sociale in un lontanissimo 1320, in una Catalogna che, in parte, era già all’avanguardia in Europa su alcune cose. Dopo un anno e un giorno in cui un servo era a servizio da un padrone, infatti, la legge della Catalogna dava la possibilità allo schiavo di diventare un uomo libero. È ciò che fa Bernat quando si porta via Arnau, suo figlio, concepito, in teoria, non da lui con Francesca, ma dal conte che gestiva la terra in cui Bernat era schiavo (con lo Ius Prime Noctis strappato a forza, ma il figlio, in seguito, si rivelerà davvero di Bernat).

Da questa fuga parte la parabola ascendente e liberatrice dei due Estanyol (Bernat e Arnau) che si ritroveranno a Barcellona a lavorare nella bottega artigiana del marito della sorella di Bernat prima, e in seguito come Baistaxos, gli scaricatori di porto e trasportatori delle pietre della Cattedrale del Mare che a Barcellona il re di Catalogna vuole intitolare alla Vergine Maria. Bernat viene ucciso dalle autorità spagnole a seguito di una insurrezione del popolo contro i nobili, e da lì in poi sarà Arnau che, diventato un ragazzo forte e coraggioso, prosegue nell’opera del padre. I Baistaxos trasportavano le pietre andandole a prelevare nella Cava di Ribera sul Montjuic, se le poggiavano sul collo e arrivavano a valle stremati ma felici di aver lavorato per la costruzione di un edificio intitolato alla loro protettrice, la Vergine del Mare, appunto.

Arnau mano a mano entrerà nelle grazie degli ebrei del ghetto di Barcellona, i protetti del re al quale pagavano le gabelle e soprattutto li difenderà dall’insurrezione popolare seguita alla Peste Nera del 1348; gli ebrei vengono accusati di aver provocato il morbo infestando le acque con sostanze nocive. Le accuse sono false, ovviamente. Arnau viene ricompensato dal banchiere ebreo Hasdai con una piccola fortuna con cui lui stesso inizierà l’attività di banchiere. Raggiunta una certa ricchezza ed esperienza in campo mercantile, Arnau diventa Console del Mare di Barcellona. Alcuni anni più tardi il re gli concede in sposa la sua pupilla Elionor, come premio per aver salvato la città dall’assedio del re Pietro di Castiglia. Ma le insidie non sono finite. Senza entrare troppo nei meandri della trama, sappiate solo che nel finale entrerà in gioco il temibile inquisitore Eymerich (già protagonista dei romanzi storico fantastici di Valerio Evangelisti) e Arnau dovrà vedersela con la temibile inquisizione spagnola.

Il romanzo è, di fatto, uno splendido atto d’amore nei confronti della religione cattolica e di quelli che sono i suoi aspetti più forti, quelli che l’hanno fatta resistere nel e al tempo: la carità e il perdono, e soprattutto la figura di Maria. È un romanzo coraggioso (lo schiavo arabo Sahat che Arnau difenderà assieme agli ebrei da linciaggio della folla gli sarà riconoscente convertendosi al cristianesimo e prendendo il nome di Guillem).

Controcorrente: in un mondo che mette al bando la religione cattolica e perseguita i cristiani (persecuzioni messe in atto non solo dai soliti fanatici jihadisti in tutto il mondo ma anche dai nuovi schizofrenici della Cancel Culture di stampo marxista), l’autore ci porta per mano mostrandoci come si erige un tempio che sfiderà i secoli. Un romanzo di passioni e di guerra. Della nostra storia, quella europea; fatta di tante cose, anche le più abiette (come la caccia agli ebrei accusati per lo scoppio della Peste Nera), ma non per questo da voler dimenticare o, peggio, cancellare. Dal romanzo è stata tratta una serie tv omonima in onda in questi giorni su Netflix.

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