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Grammy Awards: dalle stelle a una patetica Hillary

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Povera Hillary Clinton, la sua popolarità è talmente ai minimi storici che ogni evento mondano, spettacolare o culturale è buono per cercare di ottenere un po’ di visibilità. I Grammy Awards, i premi per i migliori dischi e musicisti americani del 2017, non poteva proprio mancarli. La sua patetica apparizione a leggere passi da quel libro pieno di Fake-News che è “Fire and Fury” di Michael Wolff (per stessa ammissione dell’autore) è stato uno dei momenti peggiori della serata. La cerimonia, al solito, si è trasformata in un comizio anti-Trump. Immancabili gli interventi dei pasdaran del movimento #MeToo contro le molestie e, guarda caso, di Camila Cabelo, la star del momento col suo tormentone “Havana”, che ha lanciato un appello per i figli degli immigrati senza cittadinanza, i Dreamers cui Donald vuole dare un netto taglio. Insomma, al solito si è cercato di strumentalizzare un momento di spettacolo per attaccare l’avversario politico. Non solo Hollywood, ma anche il grottesco mondo musicale sembra ormai avviato in questa direzione ossessiva anti repubblicana, anzi anti-trumpista.

Un po’ com’era avvenuto all’epoca dell’altro cattivo per antonomasia, George W. Bush. Peccato, perché i Grammy quest’anno hanno incoronato due artisti straordinari, Bruno Mars e Kendrick Lamar che sembrano finalmente aver ravvivato la black music che, da un po’ di anni languiva, fra un Hip Hop defunto e un monotono Trap mai davvero trascinante (almeno a parere di chi scrive). Bruno ha sfornato un album “24K Magic”, destinato a diventare un classico. Tormentoni come la title track, “That’s what I like”, “Finesse”, “Versace on the floor” hanno acceso l’estate, i dancefloor e le radio come non capitava forse dai tempi di Michael Jackson e Prince. Bruno è soul/funky alla James Brown “Perm”, dance alla Michael “24kMagic” e “Finesse”, romance alla Marvin Gaye, “Too Good To Say Goodbye”. Bruno è ispirazione e originalità “Calling All My Lovelies”. E Poi Kendric Lamar, che ha vinto per il Best Music Video con “Humble”, e per Best Rap Performance per quel capolavoro che è “Loyalty”, in coppia con Rihanna. Il suo album “Damn” è un’altra gemma dello scorso anno. Meno commerciale e con meno hit singles al suo arco. Ma raffinato e dal sound sofisticatissimo. Pluriacclamato dalla critica.  Con divagazioni elettro e quasi ambient, “Feel”. Un’idea di rap innovativo da cui non si potrà prescindere. Con ospiti d’eccezione come gli U2 di “XXX”. Un Grammy Awards con tanta qualità, finalmente, che gli Usa dovrebbero cercare di tenere lontano dalle strumentalizzazioni politiche. Pian piano qualche artista se ne sta accorgendo, come Kanye West (ospite della Trump Tower) subito dopo le elezioni. Ma la strada è ancora lunga per uscire dal pensiero unico perbenista e politicamente corretto.

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