Se da piccolo mi avessero detto: come immagini il 2018? Avrei risposto: macchine volanti per spostarsi in città, palazzi di vetro, strade larghissime, un senso di spazialità e pulizia, un interesse crescente per il cosmo, l’esplorazione di altri mondi, magari il contatto con altre razze (si può dire questa parola per gli alieni?), fine delle malattie meno gravi, cure per quelle più gravi e mortali, microchip per ogni necessità, telefoni portatili e apparecchi mobili. E, forse sì, gente che si sarebbe fatta più domande; chi siamo, da dove veniamo (sempre se si può dire razza umana), dove andiamo, perché siamo qui?
Cos’è questo immenso che ci circonda? Se invece adesso mi chiedono com’è il 2018 mi guardo attorno e vedo: città sovrappopolate, un melting pot indistinguibile in stile Blade Runner, immondizia, mari e oceani sporchi di plastica, autovetture vecchie e inquinanti, puzze e odori nauseabondi, religioni più agguerrite che mai, violenza spacciata per forma d’arte, cieli vuoti di UFO e macchine volanti e pieni di carrette dell’aria low cost, baraccopoli fuse nelle metropoli, città d’arte lasciate all’incuria e al buon cuore dei volontari, miseria da fine ‘700 inglese sparsa per il vecchio continente; niente cure per le malattie meno gravi (in questo inverno 2018, una semplice influenza ha messo a letto 4 milioni di italiani), figuriamoci per quelle più gravi; pochi microchip, nemmeno quelli emozionali (per dirla coi Subsonica che furono). Tanti apparecchi mobili per passanti imbambolati ai loro emoticon preferiti. Nessuno che si fa domande.
E la perdita della lingua, anzi del linguaggio, un corto circuito di proporzioni apocalittiche. Inutile dire che mi piacerebbe sentire di più termini come particelle elementari, vettori antigravitazionali, spazio, tempo, infinito, bellezza del tocco, leggiadria della parola, forma, sostanza, eleganza, armonia, sincronia, iperbole, empatia, passione, gioia, concretezza, logica, origine, ambizione, individuo… e invece siamo costretti a familiarizzare con obbrobri tipo sindaca, ministra, soldata, degrado, abbandono, termovalorizzatore, grillino, burka, burkini, gomorra, ‘ndrangheta, suburra, hijab, halal, niqab, baby-gang, un impiastro gutturale da budella impazzite che cercano aria per ritrovare fluidità, e un briciolo di poesia.