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Regole numero 1 e numero 2 del manuale della politica: troppo spesso dimenticate (anche nel post-Macerata)

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Prescindo dall’ovvio (almeno qui): la condanna per l’atto terroristico compiuto a Macerata, perché di questo si è trattato; il dissenso verso le dichiarazioni ambigue di Salvini (che ogni mezz’ora prende le distanze, ma aggiunge sistematicamente un “però”); e anche il fastidio per l’ipocrisia dell’”Italia ufficiale”, che adesso si mobilita ma non aveva levato una parola – una sillaba – un sospiro per la ragazza uccisa e squartata dallo spacciatore nigeriano.

Siamo tra liberali, e dunque non c’è bisogno di ripetere nozioni scontate.

Passo allora a qualche osservazione meno scontata sulle anime belle che da trentasei ore hanno rilanciato la campagna contro “il ritorno del fascismo”, che si appellano (sic) “alla testa e non alla pancia” degli elettori, e che attaccano – solo ora – Salvini, pensando che siano giornate difficili per lui.

Tutti costoro dimenticano le regole numero 1 e numero 2 del manuale della politica. Non dico che siano regole belle e condivisibili, ma chiunque abbia un minimo di approccio machiavelliano (non ho detto machiavellico: ho detto machiavelliano, cioè legato alla realtà effettiva) sa che sono regole vere, ferree, sistematicamente verificate.

Regola numero 1: gli elettori si raggiungono, in prima battuta, proprio attraverso lo “stomaco”. Negarlo, in particolare in momenti socialmente difficili, significa ammettere di non avere preso un bus o una metropolitana da molti anni.

Regola numero 2: quello che appare oltraggioso alle élites non è necessariamente oltraggioso (anzi) per la gente comune. Semmai è vero il contrario.

Morale: a destra e a sinistra, chi ha a cuore il destino di una cosa chiamata Italia, anziché dedicarsi a Salvini, alla Boldrini, ai sacrestani mezzi destri e mezzi sinistri, dovrebbe rendersi conto che c’è una enorme questione politica sotto i nostri occhi: il clamoroso e patente fallimento delle politiche su immigrazione e accoglienza.

Chi scrive, da anni, si sgola per proporre la soluzione canadese (fissare anno per anno non solo la quantità, ma anche la tipologia di immigrati accoglibili in base alle esigenze del mercato del lavoro) e poi – come integrazione – quella australiana (fermare le navi per fermare le morti). Se non si attuano politiche del genere, è matematico che un “ordigno” sia tra noi, con relativa miccia. Basta poco per farlo esplodere. Con le dichiarazioni di ieri sera al Tg5 (“l’immigrazione come una bomba sociale”), Berlusconi ha indubbiamente azzeccato i toni: resta meno chiaro come potrà farlo capire ai signori del Ppe che ha abbracciato – ricambiatissimo – una settimana fa.

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