Cronaca

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Caso Ramy, Sala senza vergogna: “Felice per i carabinieri”

Il sindaco non chiede scusa dopo aver criticato i militari. Disse: “Il video di Ramy brutto segnale, parole inaccettabili. Sbagliato inseguirli per 20 minuti”

Sala Milano migranti (2)

Ci vuole una dose consistente di faccia tosta per non avere il buon gusto, di fronte ad un errore così marchiano, di cospargersi il capo di cenere. Eppure Beppe Sala, dopo la perizia depositata dal superconsulente sull’inseguimento di Ramy Elgaml, non fa mea culpa. Anzi: cerca una scusante. Tuttavia la toppa è decisamente peggio del buco perché dimostra che, a suo tempo, quando attaccò i carabinieri colpevoli di aver dato “un brutto segnale” evidentemente aveva aperto bocca solo (o quasi) per dargli fiato.

Piccolo riassunto. Era gennaio del 2025 quando i giornali pubblicarono alcuni video dell’inseguimento dei militari al T-Max guidato da Fares Bouzidi. Non solo il frame degli ultimi istanti di vita di Ramy, dove tutti dettero per certo lo “speronamento” che in realtà secondo il perito non c’è stato, ma anche quegli audio in cui i militari – presi dalla foga – si lasciarono andare ad alcune frasi un po’ colorite (“è caduto? Bene”). Beppe Sala e il suo consulente per la sicurezza, Franco Gabrielli, presero la palla al balzo per criticare l’operato dell’Arma. L’ex capo della polizia disse che “se il tema è fermare una persona che sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo”, arrivando addirittura a sostenere essere “ovvio” che “quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c’è pur sempre una targa, un veicolo”. Al teorema sull’elementare “principio di civiltà giuridica” si accodò pure il sindaco, il quale fu colpito da quelle immagini che davano “un brutto segnale”. Non aveva dubbi, Beppe: “Dal mio punto di vista è chiaro che se qualcuno ha sbagliato deve pagare”.

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Certo, il primo cittadino meneghino disse anche di voler attendere che la giustizia facesse il suo corso. Però intanto aveva riservato una dura stoccata ai carabinieri, già condannati dall’intellighenzia perbenista prima del processo, privandoli di fatto anche del sostegno delle istituzioni cittadine. Innocenti fino a prova contraria? Macché. “Ci sono alcuni che sbagliano e il grosso dei carabinieri che fa cose giuste – disse Sala – Qui hanno sbagliato, hanno fatto un inseguimento notturno di 20 minuti e in ogni caso quelle parole sono inaccettabili“. E invece di inaccettabile non c’era nulla. Non l’inseguimento, che come ha fatto sapere anche la procura è stato svolto secondo tutti i crismi. E neppure quelle frasi tanto criticate.  Perché, scrive il consulente nella sua relazione, “nonostante le espressioni verbali connesse alla concitazione del drammatico inseguimento”, pur avendone la possibilità, i carabinieri non hanno mai dimostrato “l’intenzione di ‘speronare’ il veicolo in fuga o di farlo cadere”.

Beppe Sala poteva saperlo? Ovviamente no. Però oggi non può affermare impunemente di essere “felice del fatto che attraverso le analisi si sia dimostrato che i carabinieri” hanno agito bene. E non può neppure nascondersi dietro il fatto di aver “osservato quello che è successo”, o di aver “espresso quell’opinione” mosso “dalle immagini” in cui “abbiamo visto un inseguimento a una velocità molto elevata con un ragazzo che non aveva il casco”. Perché le istituzioni non si comportano come al Bar Sport. Il principio di non colpevolezza presunta avrebbe dovuto suggerirgli di fare l’esatto contrario: sospendere ogni giudizio fino al procedimento. I carabinieri, video o non video, erano innocenti fino a prova contraria anche prima della pubblicazione della perizia del superconsulente. Il sindaco avrebbe fatto bene ad attendere di poter leggere le valutazioni della procura invece di farsi investire dall’emozione per quei filmati pubblicati dai media e ben poco contestualizzati. Invece ha perso un’occasione. Anche per chiedere scusa.

Franco Lodige, 18 marzo 2025

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