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Cina, Pelosi, i codici nucleari: l’ultimo complotto contro Trump - Seconda parte

A incuriosire sono anche le date delle telefonate che Milley avrebbe fatto a Pechino. La prima, spiegano gli autori del libro, risale al 30 ottobre, ovvero alcuni giorni prima delle elezioni. Trump era nel pieno dei suoi poteri, e potenzialmente avrebbe pure potuto strappare il secondo mandato. Eppure Milley decise comunque di “scavalcarlo” aprendo un canale con la Cina per garantire la stabilità del governo americano e negare attacchi Usa verso Pechino. Non solo. Milley avrebbe anche promesso di avvisare Li Zuocheng in caso di attacco degli Stati Uniti. “Generale Li, tu ed io ci conosciamo da ormai cinque anni – si legge nel libro – Se abbiamo intenzione di attaccare, ti chiamerò prima del tempo. Non sarà una sorpresa”. La seconda telefonata, invece, risale all’8 gennaio del 2021, cioè due giorni dopo l’assalto a Capitol Hill da parte dei supporter trumpiani. Lo stesso giorno il generale avrebbe pure parlato della presunta instabilità psichica del presidente con la speaker della Camera Nancy Pelosi, tra le più acerrime avversarie di Trump. I due si sarebbero detti d’accordo sulla “pazzia” del tycoon. A quel punto, spaventato da un presidente “che ormai gridava contro tutti compresi i militari e costruiva nella sua mente realtà alternative a base di teorie cospirative sul voto”, avrebbe deciso di agire prima che si arrivasse al “punto di rottura”. Piccola domanda: può un soldato manovrare nell’ombra contro un presidente democraticamente eletto dal popolo?

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