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Cosa non va nell’informazione sul Covid

E così siamo finalmente arrivati a fine luglio, dopo aver trascorso il semestre più incredibile della nostra vita. Già, sei mesi dove è successo veramente di tutto, ne abbiamo viste di tutti i colori e soprattutto ne abbiamo sentite tante, ma così tante, che oggi potremmo anche cercare di ragionare con un minimo di obiettività sulla nostra vita. È già da tempo che ho smesso di considerare l’Informazione attendibile relativamente ai dati che ci vengono forniti giornalmente; assolutamente lacunose alcune notizie che non considerano dati a mio avviso fondamentali, altre perché le notizie stesse, venendo del tutto strumentalizzate a seconda della parte politica che il quotidiano riveste, per tale motivo del tutto inattendibili.

Leggo per esempio spesso la parola “contagio”, oppure “focolai di infezione”, e già avverto un senso di insopportabile incazzatura. Sono un medico, e so benissimo la differenza che passa tra contagiato e chi ha semplicemente avuto un contatto con un virus. Il contagiato, chiariamolo una volta per tutte, è una persona con sintomi, e quindi malata. Ogni giorno entriamo in contatto con migliaia di virus… ma non siamo contagiati, anzi, siamo sani! Ma è così difficile da capire? Niente, sembrano non capirlo. Leggi di focolai di qua e di cluster di là. Poi chiedi: ma c’è qualcuno di questi “contagiati” che ha almeno un colpo di tosse? No. Ah. È del tutto evidente pertanto che la terminologia menzognera abbia come unico fine di tenere alta la paura per scopi che pian piano sembrano sempre più evidenti.

Ripenso agli articoli letti all’indomani della festa dei tifosi napoletani per la conquista della Coppa Italia contro la Juventus: ovviamente un vaticinio di quadri apocalittici per il futuro prossimo nella città campana. Tutto questo avveniva il 17 giugno, più di un mese fa… non mi risulta ci siano state terapie intensive sovraffollate di giovani napoletani che altro non facevano che festeggiare la propria squadra del cuore. E di fatti del genere se ne potrebbero raccontare infiniti, e tutti conclusi nella più totale tranquillità. E allora? E allora come sempre ritorno al mio unico amico, il mio cervello, costruito per farsi delle idee proprie su tutto ciò che accade e che cerca di mantenersi il più equidistante possibile da tutto.

Penso alla mia vita di ogni giorno, dalla mattina quando entro nel mio bar per prendere un caffè, sino alla sera quando spengo la televisione per andare a dormire. Dovendo sintetizzarla, questa mia vita in un caldo luglio del 2020, non sarebbe altro che ciò che diceva il grande Nanni Moretti in un suo famoso film: giro, esco, vedo gente, faccio cose. Perché venitemi a dire che non è vero: tutti noi oggi usciamo, giriamo, vediamo gente, facciamo cose. Magari teniamo la mascherina quando siamo in un posto chiuso. Ma dovendo essere molto sinceri con noi stessi, qual è oggi la nostra percezione del pericolo del coronavirus? Diciamolo una volta per tutte: la percezione è davvero bassissima.

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