Esteri

Guerra in Medio Oriente

Cos’è l’Unrwa, il mostro dell’Onu che coccola i palestinesi

Tutti i segreti e le storture dell’agenzia delle Nazioni Unite per la Palestina. Il trucco per far approvare risoluzioni anti-Israele

Unrwa © numbeos tramite Canva

Ieri, il segretario generale dell’Onu Guterres ha commemorato, insieme ad altri membri dell’assemblea, i 100 dipendenti delle Nazioni Unite morti sotto i bombardamenti a Gaza. Erano tutti nello staff dell’UNRWA, e per quanto si possano sostenere le ragioni di Israele un attacco ai dipendenti Onu appare come un crimine intollerabile.

C’è un però, e per questo bisogna fare un passo indietro. L’UNRWA è l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, e non è da confondere con l’UNHCR che, invece, si occupa di tutti i rifugiati nel mondo. L’UNHCR assiste 35 milioni di rifugiati in 135 diversi paesi e conta 19.000 dipendenti, l’UNRWA, che assiste esclusivamente i palestinesi, conta 30.000 dipendenti.

L’UNRWA è inoltre l’unica agenzia ONU che non risponde al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ma direttamente all’Assemblea Generale. Questo dato spiega il perché Israele abbia ricevuto più risoluzioni Onu riguardo illegalità e violazioni dei diritti rispetto a qualsiasi altra dittatura della Terra. Interfacciandosi con l’Assemblea, dove i paesi anti-Israeliani e anti-Americani sono la maggioranza numerica, l’UNRWA riesce a far approvare qualsiasi cosa. Ma la caratteristica che rende l’URNWA un’agenzia eccezionale è il fatto di essere riuscita ad approvare, nel 1951, una norma secondo la quale lo status di rifugiato non venne applicato solo ai 700.000 palestinesi che lasciarono le proprie terre nel 1949, ma anche ai loro discendenti.

Dato l’alto tasso di natalità, esistono oggi 6 milioni di rifugiati palestinesi, tutti figli, nipoti e pronipoti dei 700.000 originari. In concreto, un ipotetico ragazzino nato e cresciuto in Giordania con un bisnonno palestinese è automaticamente un rifugiato palestinese, anche se lui e i suoi genitori non hanno mai vissuto una guerra. Per lo stesso motivo, quelli che oggi chiamiamo “campi profughi palestinesi” sono città con case e palazzi in muratura (Jenin è uno dei più grandi), che mantengono il nome di “campi profughi” per il semplice motivo di avere come abitanti i discendenti dei profughi della guerra del ’48.

In mezzo a queste storture uniche al mondo, l’UNRWA condivide con le altre agenzie ONU la pratica di impiegare personale locale tra i suoi dipendenti. Dei 30.000 dipendenti totali dell’UNRWA solo un centinaio sono reclutati a livello internazionale, gli altri sono palestinesi reclutati dal governo: dove governa Fatah le assunzioni le fa Fatah, dove governa Hamas le assunzioni le fa Hamas.

I dipendenti dell’UNRWA a Gaza, quindi, non sono persone terze inviate sul campo (a parte rarissime eccezioni), ma sono preziosi uomini assunti da Hamas, ingranaggi fondamentali per il funzionamento dell’organizzazione sul territorio. Innanzitutto, perché tra le loro mani transitano i miliardi di dollari che ogni anno i paesi del mondo versano nelle casse dell’UNRWA, secondariamente, perché le sedi UNRWA sono centri operativi di Hamas, danno accesso a snodi fondamentali dei tunnel, ed in quanto sedi ONU non potevano essere attaccate da Israele.

Tutto questo è risaputo da anni. A chi si chiede perché non si sia intervenuti per tempo, la risposta è che si è scelto di seguire la filosofia di Montanari, di Santoro, di Papa Francesco: “Volemose bene” e tutto andrà liscio. A chi si chiede perché Israele non sia intervenuta prima per impedire questo scempio basta fare uno sforzo di astrazione. Immaginiamo se in tempo di pace un’agenzia delle Nazioni Unite fosse stata bombardata da Israele, o assaltata da una squadra speciale: “Nazisti!”, “Criminali!”, li avremmo coperti con fiumi di pianto e raffiche di risoluzioni Onu.

Così, protetta dalla burocrazia e dal desiderio di distensione, Hamas ha creato un inferno per la sua gente nell’indifferenza, o nella complicità, di coloro che dovevano vegliare su di lei.

Pietro Molteni, 14 novembre 2023