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Così i comunisti decidono quali guerre sono giuste

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Mi è capitato per le mani un libro favoloso (grazie alle benedette “bancarelle”): “Storia del partito comunista (Bolscevico) dell’Urss”. Roba forte. Società editrice l’Unità, Roma 1945. E sulla copertina, ingiallite dal tempo, due notazioni: «Breve corso redatto dalla Commissione incaricata dal comitato centrale del Pc dell’Urss» e, come se non bastasse e per rassicurare il lettore, «Approvato dal comitato centrale del Pc dell’Urss, 1938».

Confortati da queste garanzie, nelle prime pagine vediamo le belle stampe delle foto, nell’ordine, di Marx, Engels, Lenin e infine Stalin. I primi capitoli riguardano la nascita del partito operaio in Russia alla fine dell’800. Segue la scissione tra i bolscevichi (i buoni, per la storia ufficiale) e i menscevichi, fino alla vittoria dei primi durante la Rivoluzione socialista di ottobre. Uno dei capitoli più interessanti è il sesto, in cui si intreccia l’ascesa al potere dei bolscevichi, le rivoluzioni proletarie e la Prima guerra mondiale: «la guerra imperialistica». «Per i paesi capitalistici – spiega il testo – la guerra è un fenomeno altrettanto naturale e legittimo quanto lo sfruttamento della classe operaia».

Se voi andate a riguardare un po’ le immagini del nostro 25 aprile e dei supporter russi di casa nostra, mascherati da resistenti, in fondo sentite il medesimo retroterra culturale. Non che i bolscevichi ripudino la guerra (come i nostri resistenti) anzi, essi «non erano semplici pacifisti che invocano la pace e si limitano a farne la propaganda, come in maggioranza facevano i socialdemocratici di sinistra. I bolscevichi erano per una lotta rivoluzionaria attiva in favore della pace che giungesse fino all’abbattimento del potere della borghesia imperialistica guerrafondaia. I bolscevichi collegavano la causa della pace con quella della vittoria della rivoluzione proletaria considerando che per liquidare la guerra e ottenere una pace giusta, una pace senza annessioni e senza indennità, il mezzo più sicuro era quello di abbattere il potere della borghesia imperialistica».

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