Da Marilyn a “Friends”, una risata non seppellirà il politicamente corretto

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Le truppe politicamente corrette globali hanno deciso negli ultimi giorni di aggiornare la scala di misurazione del grottesco. Peschiamo più o meno a caso dal mazzo dei talebani contemporanei. Anzitutto: vade retro Marilyn.

L’accusa di sessismo a Marilyn Monroe

Non è uno scherzo, se la sono presi con Marilyn Monroe, icona anticipatrice di una femminilità affermativa e prorompente (ma d’altronde già il concetto di “femminilità” è uno psicoreato reazionario, nell’epoca del genere percepito a seconda dell’umore mattutino e della moltiplicazione compulsiva dei sessi). Lo scandalo consiste nella scena che ormai è mito collettivo, la gonna che si solleva a un ingenuo passaggio sulla grata, sotto cui passa la metropolitana. Una perla dentro quella perla che è Quando la moglie è in vacanza, capolavoro di allusione erotica e psicanalitica di Billy Wilder. Digerita anche dal bigottismo hollywoodiano anni Cinquanta, ma non dal neopuritanesimo arcobaleno.

Essì, perché quella scena è diventata una statua di 8 metri installata di fronte all’Art Museum di Palm Springs. E subito è partita una petizione di successo su Change.org per rimuovere “l’opera palesemente sessista” che “costringe quasi le persone ad alzare la gonna”. Il neologismo correttista è “upskirt”, ovvero quella “forma di molestia sessuale che consiste nella ripresa della parte inferiore della figura femminile”.

Un afroamericano gay come fatina

C’è poi l’idea che sembra uscita da una serata etilica tra Fedez e Michela Murgia, ed è invece stata annunciata in pompa magna dalla Sony Pictures. Nella prossima rivisitazione di Cenerentola prodotta dalla major, la Fata madrina avrà le fattezze di… un afroamericano omosessuale. Lui è l’attore Billy Porter, e le sue prime immagini nel ruolo (?) sono state pubblicate da “Entertainment Weekly”: un estroso vestito arancione con paillettes per un personaggio che “abbandona totalmente la distinzione tra maschile e femminile”.

È la Fata madrina gender-less, squittiscono giulive le cattedrali del pensiero unico, perché, come dice Vanity Fair, “è sinceramente arrivata l’ora di aggiornare i classici rendendoli contemporanei, perché i bambini, e non solo loro, vi si possano rispecchiare”. Il bambino-tipo quando pensa alla fatina si raffigura un uomo ultracinquantenne di colore, non v’è dubbio.

“Friends”, la colpa della pelle bianca

Nel mirino dell’iperattivismo buonista è finita anche la prossima reunion della serie simbolo dei primi Duemila, Friends, che viene raccontata più o meno come un ritrovo di nostalgici del Reich. Il motivo è molto semplice, quanto imperdonabile: tutti e sei i protagonisti, Ross-Chandler-Joey-Rachel-Monica-Phoebe, hanno la pelle bianca. Un rigurgito di suprematismo per cui l’autrice Marta Kaufman si è sentita in dovere di scusarsi (“non ho fatto abbastanza per la diversità dello show”), mostrando come ormai il totalitarismo perbene contemporaneo abbia innescato un vecchio stilema dello stalinismo, la confessione con ammenda pubblica del reo ideologico.

La popstar “non binari*”

Ha fatto poi il giro del mondo (cioè delle redazioni politically correct) la storia della popstar Demi Lovato, che in un video ci ha trasmesso la seguente, imprescindibile comunicazione: “Sono orgoglios* di farvi sapere che mi identifico come non binari* e cambierò ufficialmente i miei pronomi in “loro” da qui in avanti”. Nel dare la notizia, Repubblica precisa ai suoi lettori (scavalcando inconsapevolmente le pagine di George Orwell) che “in questo articolo abbiamo scelto di usare * per la desinenza degli aggettivi”. Perché la ripartizione binaria dei generi sarà anche un’anticaglia, ma rimane difficile reperire una terza vocale oltre il maschile e il femminile per parlare di loro. Come, di “loro” chi? Ma di Demi Lovato, omobitransofobi che non siete altro.

Deriva del politicamente corretto

Anche l’Italietta nostrana ha dato il suo contributo alla psicosi diffusa, con la copertina dell’Espresso raffigurante un uomo (nel senso di maschio, ma lo diciamo sottovoce) “incinto” e con l’altissima diatriba tra Rula Jebreal e Diego “Zoro” Bianchi sul numero sottostimato di ospiti dotate di organi sessuali femminili nel salotto di Propaganda Live. Ma no, anche scritto così è sbagliato. Anche il sottoscritto è caduto nelle premesse di questo gioco di società impazzito, vi ha riepilogato lo stupidario contemporaneo concedendo la chiave dell’ironia, ha provato a scherzare su questi scherzi della cronaca. Ma no, una risata non seppellirà il Politicamente Corretto, anzi questa sarebbe un’idea tipicamente politically correct. Divincolatevi allora, uscite dalla trappola. Perché questa Gestapo 5.0 mondana e chiccosa sta tentando di riscrivere il linguaggio, quella sua sorella in teoria inseparabile che è la realtà, l’arte, l’immaginario, l’industria dell’intrattenimento, perfino la psiche infantile.

Fanno ridere, ma non c’è nulla da ridere, se irridete la farsa perdete l’altra faccia, quella vera, la tragedia. Che è all’opera ogni giorno, e nientemeno vuole cancellare un’intera cultura.

Lo dichiara proprio, da quando propugna orgogliosa la “Cancel Culture”, ve lo sta dicendo, che la partita è serissima e implica la vostra dissoluzione, ce lo sta dicendo. Non è una commedia, è una guerra. Sta a voi, a noi, combatterla.

Giovanni Sallusti, 20 maggio 2021

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