Sono, quelli che stiamo vivendo, giorni intensi e di particolare preghiera per i fedeli, soprattutto pensando ai cardinali che si stanno riunendo, mano a mano che arrivano a Roma, nelle Congregazioni generali. Si tratta di incontri importanti che, oltre ad avere la funzione di governo della Chiesa durante la sede vacante, consentono ai cardinali di conoscersi. Del resto i cardinali che entreranno in conclave non hanno, sino ad adesso, avuto grandi occasioni per conoscersi, non essendo mai stati convocati a Roma, come da tradizione, per essere consultati dal Papa in merito a questioni importanti per la vita della Chiesa. Sappiamo, infatti, che l’internazionalità del Sacro Collegio, avviata da Pio XII, con papa Francesco si è ampiamente allargata sino a raggiungere le comunità cattolichge più lontane. E’ bello, in questo senso, ricordare lo spirito di novità introdotto da Pio XII: prima di diventare Papa, era stato inviato come legato pontificio negli Stati Uniti, a Buenos Aires, a Lourdes e aveva, così, avuto l’occasione per conoscere il cattolicesimo americano. Forte fu il suo rapporto con monsignor Spellman, da lui creato cardinale e destinato alla sede di New York: era chiamato il Papa americano e la sua opera servì ad allargare gli orizzonti del Cattolicesimo. Questo spirito è stato poi continuato dai Pontefici successivi, compreso Bergoglio.
Certamente Francesco non ha eletto al cardinalato gli arcivescovi di molte città tradizionali sedi cardinalizie, preferendo le periferie o il simbolo del luogo: valga come esempio la mancata nomina di Mons. Delpini, arcivescovo di Milano, e, al contrario, la nomina cardinalizia di mons. Pizzaballa. Scelte, condivisibili o meno, ma comunque coerenti con la linea che Bergoglio ha voluto dare al suo pontificato.
Non voglio, certamente, unirmi al coro dei pronostici sul successore: trovo la cosa molto indelicata. Del resto, si sa che chi entra papa in conclave ne esce cardinale. Ricordiamo tutti il povero cardinale Siri la cui elezione fu pronosticata in occasione di ben quattro conclavi, quelli dai quali uscirono Giovanni XXIII (Siri, delfino di Pio XII, era considerato troppo giovane, nel 1958 aveva 52 anni: più che un Padre Santo, si diceva, sarebbe divenuto un Padre eterno, in considerazione dei lunghi anni di pontificato che sarebbero spettati…!), Paolo VI, Giovanni Paolo I e poi Giovanni Paolo II.
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Certo è che l’eredità di Francesco necessita di una figura equilibrata, saggia, che sappia portare avanti le sfide lanciate da Bergoglio ma, al contempo, sia rispettosa delle procedure curiali, soprattutto della Segreteria di Stato che, in questi anni, ha visto ridurre la propria azione. Si tratta di un equilibrio non semplice. Certamente le scelte volute da papa Francesco sono nate dalla constatazione che era urgente un cambiamento: del resto le dimissioni di Benedetto XVI sono in buona parte da imputare a meccanismi curiali che Benedetto e i suoi collaboratori non sono riusciti né a gestire né a contenere, dall’altra, però, ora occorre una distensione dei rapporti, una maggiore stabilità nelle nomine e nelle scelte di azione.
Che poi il successore di Francesco ritorni ad abitare al terzo piano del Palazzo apostolico (ricordiamo che l’appartamento privato non ha nulla di lussuoso come si è tanto favoleggiato), scelga di ritornare alle scarpe rosse invece di quelle nere, sono tutti dettagli marginali. Quello che conta è che chi sarà chiamato al supremo pontificato abbia mente e cuore liberi da imbarazzi e da paure e sia sostenuto dalla preghiera e dalla vicinanza di tutti, senza inutili slogan. Da questo punto di vista mi auguro che la stampa e i mezzi di comunicazione compiano la loro parte: non sia mai che, qualora il nuovo Papa dovesse, ad esempio, decidere di ritornare nell’appartamento pontificio, questa scelta venisse presentata come un ritorno al passato.
Credo che il pontificato di Francesco abbia rappresentato una pagina bella della storia della Chiesa. Mi dispiace quando sento interpretazioni e commenti non benevoli o improntati allo spirito divisivo. Non sono interpretazioni oneste: occorre ricordare che il Papa è il Papa, è il vicario di Cristo e successore di Pietro e che, come tale, rappresenta l’unità della Chiesa. Ubi Petrus, ibi salus. Basterebbe ricordare questo antico motto per far cessare le critiche o le interpretazioni eccessivamente divisive. Del resto, se guardiamo bene, Papa Francesco non ha cambiato una virgola del magistero della Chiesa e ha sempre esortato tutti a vivere secondo il Vangelo, in costante preghiera. Occorre dunque che al soglio di Pietro sia eletto un cardinale dotato di coraggio, indipedenza di giudizio, esperienza curiale. La spiritualità è una qualità data per scontata in un principe della Chiesa.
Suor Anna Monia Alfieri, 23 aprile 2025
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