Esteri

Antisemitismo in ateneo

“Dipende dal contesto”. Se ormai è lecito odiare gli ebrei

In Italia non ne parla nessuno. Ma l’audizione dei vertici delle università Usa sull’antisemitismo deve far riflettere

antisemitismo nelle università Usa

Il problema dell’antisemitismo nelle università Usa approda alla Commissione Istruzione del Congresso. Martedì 5 dicembre, i presidenti di Harvard, MIT e University of Pennsylvania sono stati interrogati riguardo un’evidenza che non può più essere negata: le università americane d’élite sono il più solido baluardo dell’antisemitismo. Nonostante le (quasi) unanimi condanne dell’attacco del 7 ottobre scorso, aperti episodi di antisemitismo, intimidazioni verso gli studenti ebrei, manifestazioni inneggianti all’intifada, foto degli ostaggi strappate, bandiere di Israele incendiate, campagne social antiebraiche sono esplose nelle università più costose d’America con una forza tale da scuotere anche molti tra i democratici più convinti, che fino a qualche giorno prima accarezzavano le mode woke ed anti-occidentali dei prestigiosi atenei.

L’audizione al Congresso è stata teatro di momenti di tensione che non hanno fatto altro che evidenziare la profondità del problema. “Invocare il genocidio degli ebrei costituisce una violazione del codice di condotta dell’università?”, ha chiesto la deputata Elise Stefanik alla presidente dell’Università della Pennsylvania Liz Magill. Momenti di silenzio. “Se le parole vengono seguite dai fatti possiamo parlare di una violazione”, ha risposto la presidente. Alle ripetute richieste di chiarimento, la presidente Magill ha continuato dicendo: “Dipende dal contesto”. Messa alle strette e obbligata a rispondere “sì” o “no” si è limitata a dire: “Può essere una violazione”.

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Nella stessa università, nel 2017, la professoressa Amy Wax, per aver scritto in un suo libro che l’America dovrebbe riscoprire i valori della famiglia, del lavoro e del matrimonio, fu retrocessa dopo una petizione firmata da 4.000 studenti e docenti che invocavano il suo licenziamento, perché la frase in questione era classista e borghese, discriminatoria in particolare verso gli afroamericani che non seguivano tale stile di vita. Oggi, invocare sulla pubblica piazza il genocidio degli ebrei “può essere considerata una violazione”, ma “dipende dal contesto”. Alcuni studenti hanno testimoniato davanti alla commissione di essere stati vittime in prima persona delle rivolte studentesche. Jonathan Friedman, studente della Harvard School of Law, racconta di una manifestazione inneggiante ad Hamas sfociata in bagarre proprio negli edifici di Harvard, a cui si erano uniti gruppi di giovani esterni all’università, tanto che gruppi di studenti ebrei furono costretti a chiudersi a chiave nelle aule per evitare il linciaggio.

Lo stesso martedì, il congresso ha approvato una risoluzione che equipara l’antisionismo all’antisemitismo, questo inciderà pesantemente sulle conseguenze della condotta degli studenti che ora si nascondono dietro la “legittima critica ad Israele”.

Chi ancora crede che l’odio contro lo Stato di Israele in quanto tale (non le sane critiche ai governi) non equivalga all’antisemitismo dovrebbe chiedersi: come mai le manifestazioni contro Israele finiscono con pestaggi e intimidazioni contro gli ebrei? Come mai le manifestazioni contro Israele degenerano in svastiche disegnate sui muri e invocazioni ad un nuovo Olocausto? L’ottantenne Virgina Foxx, deputata del Bronx, ha dichiarato che l’antisemitismo negli Stati Uniti sta divampando come un incendio, e le più prestigiose università ne sono state un formidabile catalizzatore. Di giorno in giorno, è sempre più evidente che l’attento del 7 ottobre e la guerra che ne è seguita ha svelato una crisi morale che l’America non avrebbe mai pensato di affrontare.

Pietro Molteni, 7 dicembre 2023

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