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Draghi si è suicidato, il centrodestra ha tirato fuori gli attributi

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Mario Draghi si è suicidato. Che sia un bene o un male per l’Italia non lo si può dire in astratto, ma sinceramente la scelta di Berlusconi e Salvini si è resa nella giornata di ieri obbligata. Nonostante tutta la disponibilità e il senso di responsabilità mostrato dal centrodestra di governo in questi giorni, Draghi ha deciso di non tenere minimamente conto delle richieste di quello che era diventato, dopo l’uscita di Di Maio dai Cinque Stelle, l’asse portante della sua maggioranza.

Il presidente dimissionario ha sbagliato i contenuti, i modi e i toni delle sue comunicazioni al Senato, ponendo il discorso sul binario di “prendere o lasciare” che era dal francamente irricevibile. Ne andava della dignità politica non solo di forze democraticamente elette in Parlamento, ma più in generale degli stessi partiti, che da Costituzione sono l’asse portante della nostra democrazia, nonché della politica nella sua autonomia dalla tecnica e da ogni istanza che tenda a mortificarla.

In verità, fra tanta desolazione, e in una situazione di indubbia e potenziale crisi (prima di tutto economica) del nostro Paese, un elemento positivo e inaspettato, che lascia ben sperare, è emerso in queste ore. Il centrodestra ha mostrato di aver fatto tesoro delle esperienze pregresse e ha agito questa volta all’unisono, senza sfilacciamenti, fermo sui propri obiettivi. Sembrava uno slogan, ma aveva ragione Matteo Salvini quando scriveva sui social: “uniti si vince”. Anche da un punto di vista simbolico, la discesa del vecchio e sempre lucido Berlusconi a Roma e poi le immagini delle riunioni no stop a Villa Grande hanno trasmesso un’immagine di serietà e compattezza. Ogni decisione, anche quella finale, ha dato così l’impressione di essere stata discussa, soppesata, non improvvisata.

La scelta di non concedere la fiducia era obbligata, ripeto, per come si erano messe le cose. Ma tutto si può dire al centrodestra meno di aver causato la rottura o di non aver voluto collaborare, anche cercando soluzioni alternative ma di buon senso (un Draghi bis con una squadra diversa). Chi scrive non nasconde di avere avute, fino a ieri, forti perplessità sulla capacità del centrodestra nel suo insieme, compreso quindi il partito di Giorgia Meloni, di essere in grado di governare con fermezza e coesione una volta che, come ci auguriamo, dalle urne esca una maggioranza favorevole.

Ripicche, dispetti, forze centrifughe in Forza Italia (alla fine molto limitate: la Gelmini era di fatto già fuori), incapacità di uscire con una sola voce, liti sulla futura leadership …. Tutti questi elementi sembravano inficiare in partenza ogni progetto. E fa piacere vederli scomparsi all’improvviso, come d’incanto. Ora anche le urne, evocate più volte da Salvini, sembrano non fare più paura. Tutte sensazioni positive che i cittadini e potenziali elettori non possono non recepire.

Corrado Ocone, 21 luglio 2022

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