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Tria e il Sì Tav, ecco il retroscena

Ieri Il ministro Tria è stato una piacevole scoperta. Era la prima volta che lo intervistavo, anche se di lui conoscevo molto, avendolo seguito per anni nella sua magnifica rubrica, Diario di due economisti, sul Foglio con il collega Ernesto Felli.

Si è presentato negli studi di Mediaset, con un piccolo, minimo seguito, rispetto a quello a cui eravamo abituati nel passato, e nei pochi minuti che hanno preceduto l’intervista non ha voluto neanche un accenno a ciò di cui avremmo parlato.

Mi sono solo permesso di ricordagli il vasto pubblico televisivo e dunque la necessità di parlare in modo molto semplice. E così ha fatto. Sulla Tav è stato chiarissimo e oggi tutti i giornali ne parlano. Per la verità ieri anche i tg (Mentana ha citato il programma che lo ospitava, Il Tg2 no) hanno riportato le sue frasi.

Sulla Tav ha detto, come sentirete in questo spezzone: “Bisogna capire che nessuno verrà mai ad investire in Italia, se il paese mostra che un governo che cambia poi non sta ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive”.

Qualcuno ci ha visto un attacco ai Cinque Stelle, io ci ho visto solo buon senso. Il ministro ha detto ciò che tutti coloro che ragionano pensano. Indipendentemente dalla bontà della Tav (che chi scrive pensa ci sia) il ministro ha fatto un ragionamento di metodo. Nel merito non vi è entrato.

E inoltre sull’oro di Bankitalia, che ieri ha ben spiegato a Quarta Repubblica, non è nella nostra disponibilità, si è solo limitato a dire quali sono i vincoli legali a cui è sottoposto: cioè quelli dei trattati e della Bce. E in questo caso poteva sembrare un attacco alle proposte leghiste, che vorrebbero una sua vendita.

Insomma Tria, mi è parso semplicemente un uomo razionale, su una barca talvolta guidata da improvvisati.

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