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Inflazione, tassi d’interesse, crisi energetica: è arrivato l’inverno economico

L’inverno sta arrivando

Gli appassionati che hanno seguito le avventure della saga “Il Trono di Spade” hanno subito riconosciuto le parole del titolo; il primo episodio della serie iniziava infatti proprio con questa frase.

Semplificando al massimo la trama, estremamente complessa ed intricata, la storia parla di una terra in cui, dopo anni di stagioni caratterizzate da un clima mite e senza pericoli, una nuova stagione sta tornando;  una stagione caratterizzata da temperature estremamente fredde e da un pericolo incombente, che già in passato fece la sua apparizione e contro il quale gli uomini lottarono aspramente.

È al Lord di Grande Inverno, sede del castello e capitale del Nord, che spetta proteggere il suo popolo e quello dei Sette Regni dal ritorno degli Estranei

Nel nostro mondo…

L’inverno sta arrivando anche nel nostro mondo: dopo la grande battaglia sostenuta negli anni settanta e ottanta contro il pericolo “inflazione”, che le banche centrali di tutto il mondo combatterono alzando i tassi di interesse fino a livelli oggi inimmaginabili (15% negli Stati Uniti e anche di più in Europa), gli stessi istituti centrali attuarono gradualmente politiche più espansive abbassando i tassi e favorendo le economie.

Dopo una breve parentesi a metà degli anni duemila, la Grande Crisi Finanziaria che portò al crack della banca d’affari Lehman Brothers (di cui qualche giorno fa ricorreva l’anniversario) costrinse le banche centrali (Fed in testa e poi Bce, BoJ e le altre) ad accelerare nelle politiche monetarie espansive – abbassando i tassi di interesse – per consentire alle economie di riprendersi dalla crisi (si sperimentarono le cosiddette politiche monetarie non convenzionali come i tassi di interesse negativi, quasi un ossimoro).

L’ultimo momento fu durante la pandemia nella primavera del 2020: mai il costo del denaro fu più basso nella storia, le economie furono letteralmente inondate di denaro per evitare il corto circuito e il conseguente blocco totale.

Durante i lockdown – come sappiamo – i processi produttivi in tutto il mondo si fermarono quasi completamente e quando ripartirono lo fecero molto lentamente, molto più lentamente dei consumi che invece esplosero; questo portò – tra le altre cose – ai famosi colli di bottiglia nelle catene di produzione (supply chain) e alla carenza di elementi essenziali quali semiconduttori e di materie prime come il petrolio.

I costi dei trasporti schizzarono in alto, quelli dei prodotti seguirono immediatamente e quando sembrava che le cose si stessero stabilizzando lo scoppio della guerra in Ucraina diede il colpo definitivo.

Il mix di grande liquidità (che favorì la ripresa della domanda di beni e servizi) e di scarsità di offerta ha portato alla fiammata improvvisa dell’inflazione: il grande nemico è tornato! Gli “estranei” sono di nuovo alle porte di Grande Inverno e di tutti i Sette Regni.

A questo punto della storia l’intervento dei Lord Protettori (le grandi banche centrali) era inevitabile e – dopo un inizio tentennante in cui dicevano che il fenomeno era temporaneo – nella primavera di quest’anno hanno iniziato un percorso di rialzo dei tassi che non si vedeva appunto da anni e anni.

Il livello toccato dall’inflazione nelle ultime settimane (oltre l’8% sia in America che in Europa, nel Regno Unito siamo sopra il 10%) ha obbligato le banche a rialzare con una velocità ancora maggiore; alla fine di agosto, durante l’annuale convengo di Jackson Hole negli Stati

 Uniti, il Presidente della Federal Reserve ha detto senza mezzi termini che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di scongiurare l’inflazione, a costo di mandare il Paese in recessione (lo stesso dicasi per la Banca Centrale Europea).

La guerra per sconfiggere l’inflazione sarà probabilmente più lunga di quanto immaginassimo, nelle ultime settimane abbiamo visto che non bastano un paio di dati più favorevoli per interrompere il processo di rialzo dei  tassi dinteresse; il ciclo è iniziato da troppo poco tempo perché si blocchi così rapidamente, le banche centrali non sono disposte a correre questo rischio e quindi per i prossimi mesi aspettiamoci ancora tassi in crescita e una gelata delle economie.

Ma cosa succede ai risparmiatori?

I risparmiatori sono prima di tutto cittadini, e come cittadini stiamo sperimentando un aumento dei costi in tutti i segmenti della vita quotidiana, l’aumento dei prezzi è generalizzato: carburanti, generi alimentari, bollette di gas e luce.

Nel Rapporto Coop 2022 è stimato che l’inflazione costerà alle famiglie la cifra record di 2.300 euro quest’anno, la copertina è emblematica…

Investire non è facile ma – mai come quest’anno – non investire equivale a perdere soldi, l’inflazione è infatti un nemico subdolo, non si vede ma colpisce duro…

Possiamo fare qualcosa per migliorare questa situazione?

Direi di sì.

Il lato positivo del rialzo dei tassi infatti è che oggi – dopo anni di rendimenti risicati – si può finalmente investire in ambito obbligazionario trovando rendimenti che non si vedevano da quasi dieci anni: un esempio, il Btp decennale al 4%.

E andando a investire in segmenti diversi dai soli titoli di stato (obbligazioni emesse da aziende e/o dai cosiddetti Paesi Emergenti) si trovano delle opportunità anche più interessanti; ovviamente serve l’aiuto di un esperto e di un team di gestione per evitare di incorrere in errori e sorprese spiacevoli.

Se voglio mitigare gli effetti negativi del famoso “carovita” di lontana memoria devo investire, d’altronde come ho già citato una volta: “l’investitore è quello che crede in un domani migliore”.

Massimiliano Maccari, 19 settembre 2022

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