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MPS. Unicredit vuole solo i pezzi pregiati

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Come finirà la telenovela legata a Monte dei Pachi di Siena? Il sette settembre scorso è scaduto il tempo entro il quale Andrea Orcel, amministratore delegato di UniCredit, avrebbe dovuto fornire una risposta al governo italiano circa le proprie intenzioni nei confronti dell’ operazione di acquisizione dell’Istituto di Siena, tuttavia, ad oggi non è ancora stata presa alcuna decisione.

Il tema è caldo, talmente caldo che in qualche modo potrebbe coinvolgere buona parte del sistema bancario italiano. E’ caldo, ma anche molto delicato da trattare, visto il trascorso, visto anche il rinnovato rapporto con l’Europa, insomma visto tutto. Anche gli stress test hanno mostrato come MPS sia in forte difficoltà una condizione che impone scelte anche forti.

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I tempi sono “necessariamente” maturi, la faccenda MPS va chiusa in un modo o nell’altro, anche per evitare che i contribuenti italiani continuino a pagare per tenere in piedi una banca, che in piedi non riesce a stare.

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La sensazione, come scrive anche Bloomberg questa mattina sull’argomento è che Orcel ed Unicredit non stiano assolutamente pensando ad una acquisizione dell’intera banca toscana, ma che siano pronti ad acquisirne i pezzi migliori.

“UniCredit – scrive Bloomberg – vuole che porzioni scelte di Monte Paschi facciano crescere i suoi clienti al dettaglio nel ricco nord d’Italia e la rendano più competitiva rispetto ad Intesa, la rivale di sempre”.

Insomma, nessun cambio di nome, nessuna fusione, nessun matrimonio, Orcel è intenzionato a prendersi ciò che rimane di buono di MPS. Potrebbero essere i crediti buoni? Potrebbe essere Widiba? Ma come scrivono da Bloomberg, le scelte sarebbero orientate anche geograficamente alla parte della banca che incide sulla parte più ricca del Paese.

Ma chi si occuperebbe, e a che prezzo economico, di tutto il resto? Chi si occuperebbe dei crediti inesigibili? E delle rivendicazioni legali che incidono per somme che sfiorano i 10 miliardi? E del futuro di circa 6.000 dipendenti? E quanto costerebbe tutto questo ai contribuenti?

Bloomberg, forse anche per indirizzare politicamente le scelte italiane, sottolinea l’importanza dell’operazione aggregativa della parte buona di MPS con Unicredit e scrive che:

“Un acquisto selettivo del Monte Paschi inizia ad avere un valore reale se innesca un rimodellamento del sistema bancario italiano moribondo. Questa prospettiva sconcerta gli altri capi delle banche del paese, specialmente quelli che potrebbero finire per essere preda. Ce ne sono così tanti: alla fine del 2020, il settore contava ben 474 banche, 23.481 filiali e 275.224 dipendenti bancari, secondo la Banca d’Italia”.

Bloomberg parla malissimo del sistema bancario italiano. Lo definisce moribondo, cita analisi di Fitch che parlano di un PIL italiano in difficoltà, proprio mentre tutto indica numeri opposti. Inoltre citano anche un report di Scope Ratings che evidenzia come ci sarebbe una disconnessione tra banche italiane ed imprese del Paese. Ma la critica non finisce qui.

La sensazione? E’ come se si volesse spingere, numeri alla mano, numeri che però a noi non tornano, per fare in modo che la proposta Unicredit passi. Da dove arrivi questa spinta? Questo lo sapremo a tempo debito. Sta di fatto che la matassa di MPS è ancora lontano dall’essere sbrogliata.

 

Leopoldo Gasbarro
 
 
 
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