Banca

Niente golden power, la scalata di Mps a Mediobanca può partire

Dall’operazione dipende anche il destino di Generali

mps mediobanca clip

La clamorosa scalata di Monte Paschi a Mediobanca, il tempio della finanza italiana eretto nel primo Dopoguerra da Enrico Cuccia, può iniziare. A breve la banca senese terrà l’assemblea degli azionisti per il via libera al necessario aumento di capitale e il governo ha deciso di non esercitare il golden power.

Un fatto atteso, visto che il Tesoro è primo socio di Mps, ma che è comunque un dato finanziario rilevante dal punto di vista della road map dell’offerta pubblica di scambio impostata dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio sotto lo sguardo benevolo del Tesoro e dell’obiettivo dichiarato dall’esecutivo di Giorgia Meloni di creare un terzo polo bancario alle spalle delle due big Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Allo stato attuale l’attacco sferrato da Mps può contare sull’appoggio dell’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e di Delfin, la holding guidata da Francesco Milleri attraverso cui gli eredi Del Vecchio controllano il colosso dell’occhialeria EssilorLuxottica.

Resta quindi da capire come si difenderà  l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel, che ha già detto di ritenere che la fusione con Mps distruggerebbe valore. Gli occhi sono quindi puntati sul mercato, soprattutto sui grandi investitori istituzionali con cui Mediobanca per proprio Dna lavora da sempre. Va detto che Gli stessi proxy advisor sono divisi sul giudizio.

Da Mediobanca dipende il destino ultimo di Generali, che Piazzetta Cuccia controlla con una partecipazione prossima al 13%. Il Leone di Trieste ha stretto una partnership nel risparmio gestito con la francese Natixis ma il governo non vede l’operazione di buon occhio, per il timore che il risparmio italiano posso finire Oltralpe.

Il numero uno delle Generali, Philippe Donnet, che cerca la conferma del proprio mandato all’assemblea dei soci in calendario il 24 aprile ma deve affrontare il dissenso di Caltagirone e Delfin, ha assicurato che il Leone continuerà a investire sui Btp. Importante sarà il voto di Unicredit, che a Trieste è ormai accreditato di una quota prossima al 10%.

La banca guidata da Andrea Orcel è inoltre impegnata a espugnare il Banco Bpm di Giuseppe Castagna e aspetta di capire se il governo userà o meno il golden power. Proprio in Piazza Meda, Unicredit deve però fare i conti con le richieste del Credit Agricole, che si è portato a ridosso del 20 percento.

Oggi intanto il Banco Bpm, che è azionista di Mps, dovrebbe schierarsi a favore della conquista di Mediobanca da parte di Siena. Unicredit resta poi impegnato nella campagna tedesca per comprare Commerbank: l’Antitrust ha dato il via libera, ma Berlino continua a non volerne sapere. Il calderone del credito non è mai stato così bollente.

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