Finanza

Generali Natixis, ecco i numeri dell’alleanza. Parlamento sulle barricate

Sede ad Amsterdam e nessun italiano al vertice, il governo studia il golden power. Ma Donnet assicura: “Risparmio nazionale in pericolo? Una bufala”.

Generali © ustino73 tramite Canva.com

Quasi duemila miliardi di euro in gestione, nessun italiano al vertice e la sede ad Amsterdam. Questa in estrema sintesi la carta di identità della neonata Generali-Natixis, la piattaforma che si candida a diventare uno dei campioni europei nell’asset management, unendo le masse del Leone di Trieste e della realtà francese.

Il possesso azionario del nuovi gruppo è sulla carta paritetico: 50% del capitale a Natixis, che fa capo alla connazionale transalpina Bpce (Groupe des Banques Populaires et des Caisses d’Epargne) e l’altro 50% a Generali Investment Holding (Gih) che a sua volta fa però capo solo per l’83,2% a Generali.

A guidare la nuova realtà con i poteri di amministratore delegato sarebbe Woody Bradford, attuale capo di Gih e indicato dal Leone: il suo mandato sarebbe di cinque anni, rinnovabile per altri cinque. Al suo fianco ci sarebbe come vice amministratore delegato Philippe Setbon, oggi capo di Natixis. Nicolas Namias (ad di Bpce) siederebbe invece alla presidenza, con accanto nella veste di vicepresidente Philippe Donnet, che è l’attuale amministratore delegato di Generali.

Il nostro Paese non ha sostanzialmente alcun rappresentante al vertice con deleghe operative. Il board prevede 13 posti attorno al tavolo: 5 a testa per Generali e Bpce, a cui aggiungere 3 consiglieri indipendenti.

Spacchettando le messe emerge invece che sui 1.900 miliardi attesi in gestione da parte del nuovo gruppo, l’apporto di Generali si attesterebbe a 630 miliardi a cui sommare altri 15 miliardi per i prossimi cinque anni; il totale del risparmio “made in italy” è quindi prossimo ai 645 miliardi.

I ricavi dovrebbero attestarsi a 4 miliardi circa e l’utile a 700 milioni. I due alleati hanno detto che l’obiettivo è quello di fare massa critica in un settore molto competitivo, ribadendo che ciascuno  continuerebbe ad avere “pieno controllo” sulle decisioni di investimento dei rispettivi asset. Le sinergie di costo sono tutto sommato modeste: 170 milioni.

Insomma, come ha riassunto Donnet, la paura che i risparmi dello Stivale finiscano Oltralpe è “una bufala”.  E’ previsto però un mandato di gestione di 15 anni senza possibilità di divorzio tra Generali e Natixis se le cose dovessero prendere una piega sgradita.

Giova qui ricordare che in pancia a Generali ci sono anche 35 miliardi di Btp, importanti per la gestione del debito pubblico mentre il Tesoro moltiplica gli sforzi per coinvolgere le famiglie anche con il Btp Più ormai prossimo al debutto. E che il nostro Paese si è già segnato un autogol strategico, quando l’allora Unicredit di Mustier cedette i fondi Pioneer proprio ai cugini transalpini.

I rispettivi consigli di amministrazione hanno dato l’ok l’impianto, e Donnet ha definito l’alleanza una “grande opportunità” per creare un soggetto di dimensioni europee e forte anche negli Stati Uniti.

L’alleanza Generali-Natixis vede tuttavia molto perplessi sia il collegio sindacale, soprattutto per la sua tempistica di approvazione giudicata frettoloso, sia i grandi azionisti privati delle Generali. Si tratta di Francesco Gaetano Caltagirone (9,9% del capitale) e la Delfin (6,9%) che è guidata da Francesco Milleri ed è la holding del colosso degli occhiali Essilorluxottica.

Sia Calagirone sia Milleri sono pronti a dare battaglia. Non per nulla lo stesso cda delle Generali non ha avuto un voto unanime.

Altrettanto marcato è poi il malumore della politica. L’iniziativa del Leone – come ha spiegato qui Nicola Porro – irrita infatti il governo di Giorgia Meloni, che potrebbe ricorrere a golden power per provare a bloccare tutto.

Anche perchè sia l’operazione Generali-Natixis sia la scalata di Unicredit al Banco Bpm rovinano i piani coordinati dal ministero dell’Economia per costruire, alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit, il terzo polo bancario attorno a Monte Paschi. Piano che vedrebbe ancora una volta protagonisti Caltagirone e Milleri.

A cui si somma la sollevazione bipartisan di scudi in Parlamento. Tanto trasversale quanto dai toni accesi sia tra i partiti di maggioranza sia tra i banchi dell’opposizione. Da Fratelli d’Italia con Fausto Orsomarso al Partito Democratico con Roberto Morassut, da Forza Italia con Vito De Palma ai Cinque Stelle con Mario Turco fino a Mara Carfagna di Noi Moderati denunciano tutti molti dubbi sulla tempistica scelta da Generali. E si dicono decisamente preoccupati per la destinazione ultima del risparmio nazionale.

Che è poi l’unico vero petrolio del nostro Paese e l’unica cosa che possiamo mettere sul piatto della bilancia davanti alle agenzie di rating per riequibrare un debito pubblico che ha sfondato i 3mila miliardi di euro e che appare imbarazzante rispetto al Pil. 

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