Il Banco Bpm di Giuseppe Castagna si aggiudica la prima mano del risiko bancario che sta per ridisegnare gran parte dell’assetto della finanza italiana. L’offerta pubblica che il gruppo di Piazza Meda ha lanciato su Anima Sgr si è infatti conclusa con massicce adesioni, portando la banca milanese a detenere complessivamente l’89,95% della società specializzata nel risparmio gestito.
Oltre ai poccoli azionisti e al management di Anima, hanno consegnato i propri pacchetti azionari all’Opa anche il gruppo Caltagirone, che con Delfin-Essilorluxottica guida i soci dissenzienti che chiedono una discontinuità al vertice sia di Mediobanca sia di Generali, le Poste di Matteo Del Fante (che fa capo al Tesoro e a Cdp) e il Fondo strategico italiano di Maurizio Tamagnini.
La bomba dei dazi sganciata da Donald Trump ha fatto la sua parte, rendendo più alettanti i 7 euro messi sul piatto da Castagna per ogni azione di Anima. Questo a causa del crollo generalizzato di tutti i titoli in Piazza Affari, colpiti giovedì e venerdì scorso da un panic selling trasversale ed estremamente intenso.
Il progetto di Banco Bpm è quello di procedere ad acquistare anche l’ultimo 10% di Anima e ritirarla dal listino della Borsa di Milano con un delisting per sfruttare appieno tutte le sinergie industriali. Come detto questa è però solo la prima mossa dell’ampio risiko bancario in corso.
Il prossimo giocatore a tirare i dadi sarà Unicredit, questa volta con Banco Bpm nel ruolo di preda. Il gruppo di Piazza Gae Aulenti ha infatti lanciato una offerta pubblica di scambio (quindi solo azioni e niente cash) che dovrebbe iniziare il 28 aprile.
L’amministratore delegato Andrea Orcel ha già detto che si riserva di decidere come procedere fino all’ultimo momento. Unicredit potrebbe quindi anche rinunciare alla preda, se non sarà più conveniente tentarne l’acquisto. Sebbebe tsunami borsistico scatenato dalla guerra commerciale non ha cambiato i concambi tra Unicredit-Bpm, la scalata rischia infatti di costare a Unicredit un po’ di più del previsto.
Il problema è lo stallo sulla concessione o meno a Bpm del cosiddetto “compromesso danese”. Si tratta dello sconto in termini di assorbimento patrimoniale, previsto dalle normative europee, di cui godono le banche che detengono partecipazioni azionarie dirette nelle compagnie assicurative.
Unicredit ha però anche un vantaggio. Perchè se è vero che il mercato continua a scommettere che Orcel dovrà fare un rilancio, magari in denaro, per convincere i soci di Banco Bpm aD aderire alla sua fferta pubblica, dall’altro la crisi delle quotazioni in atto a causa dei dazi potrebbe ridurre le pretese dei venditori. E quindi contenere l’esborso di Unicredit.
Il governo italiano minaccia di ricorrere al Golden power per proteggere l’asset strategico del risparmio. Non è chiaro se Bruxelles abbia qualcosa da eccepire, visto che Unicredit è una banca con sede in Italia.
Sempre l’arma del Golden power sarebbe quella con cui l’esecutivo medita di bloccare sul nascere la partnership nel risparmio gestito siglata tra Generali la francese Natixis. In realtà Leone ha già spedito più di un messaggio di distensione, anche sulla politica per i Btp in portafoglio. Si vedrà.
Leggi anche: Stoccata di Giorgetti alle grandi banche: ricordatevi di fare prestiti.
Unicredit è inoltre impegnato sul fronte tedesco nella conquista di Commerzbank, ma deve superare il muro di difesa alzato da Berlino, dai sindacati locali e dagli stessi vertici della banca di Francoforte che non hanno alcuna intenzione di cedere il passo allo straniero.
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).