Lunedì scorso la Spagna ha vissuto un grave blackout elettrico. NicolaPorro.it vi ha spiegato e vi sta continuando a spiegare con dovizia di particolari le cause altamente probabili di questo disastro. Lo riassumiamo in breve solo per argomentare meglio il discorso che riguarda non i disservizi di un sistema di produzione basato sulle rinnovabili, ma la sua assoluta anti-ecconomicità. L’improvviso sovraccarico della rete iberica (almeno 8 Gigawatt), provocato dall’immissione eccessiva di energia da fotovoltaico in rete senza che vi fosse adeguata domanda o che potesse essere scaricata tramite le interconnessioni con Francia e Marocco, avrebbe generato (usiamo il condizionale non perché questa ricostruzione non sia veritiera ma solo perché non vi è stata ancora un’ufficiale ammissione di responsabilità) una grave anomalia delle frequenze di trasmissione in quanto solare ed eolico per la loro natura intermittente non sono facilmente modulabili come il turbogas, l’idroelettrico e il nucleare. Questo ha portato a una serie di disconnessioni simultanee degli impianti poiché questo è l’unico mezzo che le reti hanno per mettersi n sicurezza. Da un picco di potenza si è però passati a un’improvvisa carenza e il blackout è stato solo la naturale conseguenza.
La follia verde di Sánchez
Questi sono incidenti che, purtroppo, possono accadere quando l’ideologia prende il posto della razionalità. Ecco che la realtà si incarica di smentire i “profeti della rivoluzione”, in questo caso green. Come Pedro Sánchez, il primo ministro spagnolo, che del 78% di generazione elettrica da rinnovabili ha fatto un vanto personale così come quello dell’insensato stop al nucleare e al gas che, come abbiamo visto, sono molto più sicuri anche dal punto di vista di tenuta delle reti.
Ma poiché in Spagna, grazie al cielo, c’è ancora l’economia di mercato il socialismo ambientalista stava trovando la sua giusta smentita proprio alla vigilia del blackout. Il sistema messo in piedi dal premier non regge: l’eccesso di produzione fa calare i prezzi e rende gli investimenti meno remunerativi. Il green, infatti, è un buon affare se contemperato con le altre fonti energetiche ma è meno redditizio di quel che si racconta perché per avere un sistema efficiente in grado di “sopportare” le rinnovabili bisogna effettuare spese che abbassano il rendimento del capitale investito. Nella fattispecie accumulatori da affiancare a pannelli fotovoltaici e turbine eoliche per garantire alla rete energia elettrica trasmessa sempre alla giusta frequenza e, soprattutto, un ammodernamento della rete stessa per far sì che possa funzionare bene anche “a bassa inerzia” ed evitare blackout.
Rinnovabili, il grande disincanto degli investitori
La crisi energetica del green si riflette anche sul fronte economico. Secondo fonti del settore, in Spagna sono stati messi in vendita oltre 50 GW di progetti fotovoltaici, un’ondata senza precedenti che coinvolge giganti come Iberdrola, Endesa, Repsol, Shell e TotalEnergies. Gli investitori stanno abbandonando il settore, considerato ormai poco redditizio: i prezzi dei progetti sono crollati, passando da 200.000 euro per MW nel 2022 a soli 80.000 euro oggi — quando si riesce a trovare un acquirente.
Leggi anche:
- Oggi produrre energia in Italia è a costo zero. Ma non per gli italiani
- Il sogno green è diventato un incubo: ecco cosa è successo in Spagna
- Blackout, la Caporetto della Spagna green
Prezzi dell’elettricità a picco: produrre non conviene più
Il tracollo dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità ha reso molti impianti solari antieconomici. Mentre il prezzo medio dell’elettricità si attesta sui 63 euro/MWh, i produttori fotovoltaici incassano solo 35 euro/MWh, con punte minime ad aprile 2024 di appena 5,50 euro/MWh. Un valore insufficiente a coprire i costi di gestione e mantenimento degli impianti. Questo sta spingendo molti operatori a vendere o chiudere. Anche perché in Spagna non è in vigore un sistema come quello italiano che remunera i produttori green anche quando i prezzi sono bassi o addirittura negativi.
Una strategia nazionale fallimentare
Alla base della crisi c’è anche una pianificazione energetica irrealistica. Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) spagnolo prevede l’installazione di 76 GW di solare e 62 GW di eolico, ma senza aver predisposto misure concrete per integrare le rinnovabili nel sistema elettrico, come aste di capacità, incentivi alle batterie e strumenti di stabilizzazione della rete. Le promesse mancate del governo hanno destabilizzato il mercato e generato un clima di incertezza.
Grandi nomi in fuga dal green spagnolo
Dalla vendita di partecipazioni in progetti (come Endesa con Masdar o Iberdrola con fondi sovrani) al ritiro di Shell dai propri piani fotovoltaici in Spagna, il panorama è desolante. Anche aziende come Repsol, Acciona, Capital Energy e Greenalia stanno riducendo l’esposizione alle rinnovabili, in alcuni casi licenziando personale o ritirandosi dalla Borsa. Un’inversione di rotta netta rispetto all’entusiasmo degli anni passati.
La vicenda spagnola dimostra che la transizione energetica non può basarsi solo sulla quantità di energia rinnovabile prodotta, ma deve prevedere una strategia completa: rete, accumulo, mercato. Senza questi elementi, il rischio è che le rinnovabili diventino non solo instabili, ma anche insostenibili economicamente — portando blackout, perdite finanziarie e disillusione. Un monito anche per altri Paesi europei.
Enrico Foscarini, 1 maggio 2025