Economia

Crisi ucraina: tutti in guerra per il gas

L’Ucraina è un paese dell’Europa Orientale sino a poco tempo fa noto per le sue chiese ortodosse e per la meravigliosa Cattedrale di Santa Sofia a Kiev. Oggi è divenuto famoso in tutto il mondo grazie alla Russia di Putin che ne ha riconosciuto l’indipendenza di alcune aree delle regioni di Donetsk e Luhansk, attraverso l’invio delle sue truppe nel territorio ucraino nella regione del Donbass per compiere operazioni di mantenimento della pace.

O almeno questa è la versione ufficiale, che molto stona con quanto invece affermato dalla sottosegretaria generale delle Nazioni Unite per gli affari politici Rosemary Di Carlo, e cioè che il rischio di un grande conflitto è reale e deve essere evitato a tutti i costi.

In effetti che trattasi di semplici operazioni di mantenimento della pace si fa un po’ fatica a crederlo soprattutto dopo aver ascoltato le dichiarazioni più che ostili di ieri del Presidente Putin. Ma al di là delle vicende attuali che stiamo seguendo tutti con molta attenzione, soprattutto noi cittadini europei perché nel caso si verifichi il peggio, il teatro di scontro sarà proprio quello europeo, lo sguardo va orientato verso il fondo del Mar Baltico dove all’interno di gasdotti corre la causa scatenante di tutta  questa tensione.

E’ opportuno ricordare che l’Ucraina oltre ad avere tante Chiese ortodosse, condivide con la Russia sin dal 1984 un gasdotto lungo 4500 chilometri che trasporta il gas dal giacimento di gas naturale di Urengoj, all’Alta Siberia fino all’Ucraina e poi in Europa, dal quale passaggio l’Ucraina ne trae ingenti guadagni che con la costruzione dei gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2 (ancora inattivo) posizionati nei fondali del Mar Baltico potrebbero venir meno.

Nord Stream è un gasdotto lungo oltre 1200 km che collega la Russia e la Germania e attraversa il  fondo del Mar Baltico, dove ogni anno viaggiano circa  55 miliardi di metri cubi di  gas, che partono da Vyborg in Russia e arrivano a Lubmin- Greifswald in Germania, la sorgente principale si trova nella penisola della Siberia Occidentale un giacimento di portata gigantesca.

Il gasdotto capolavoro ingegneristico, trasporta una quantità di gas naturale che riesce a soddisfare una buona parte della richiesta europea, una infrastruttura poi duplicata  con la costruzione da parte della Russia dal 2018 al 2021 del gasdotto gemello Nord Stream 2 che potrebbe raddoppiare la fornitura di gas all’ Europa ma oggi ancora non attivo per la mancata certificazione di avviamento da parte della Germania.

Il passaggio dei due gasdotti nel Mar Baltico non è casuale, in questo modo la Russia riesce ad aggirare molti Paesi dell’Europa dell’Est e arrivare direttamente in Europa attraverso la Germania che ne diverrebbe unica centrale di smistamento per tutti i paesi appartenenti all’Unione Europea.

In questo modo la Russia non avrebbe più bisogno del territorio Ucraino a cui potrebbe chiudere i rubinetti e utilizzare il gas come strumento di pressione per motivi politici, inoltre potrà allargarsi  verso l’Oriente e la Cina attraverso altri gasdotti,  paesi quest’ultimi che utilizzano ancora il carbone, materia che dovrà essere sostituita.

E’ evidente che l’interesse primario di Putin è quello di vendere il gas naturale all’Europa alla quale nel frattempo ha ridotto di molto le forniture, provocando la crescita dei prezzi del gas e del costo delle bollette, una strategia utilizzata da Putin per fare pressione sull’Unione Europea al fine di  sbloccare l’autorizzazione di Nord Stream 2, alla quale però la Germania, attraverso Scholz di tutto punto ha risposto in modo negativo.

E’  la prima mossa di Berlino dopo l’annuncio di Putin di riconoscere le repubbliche separatiste del Donbass, ed è la prima e forse la più incisiva delle sanzioni ipotizzate in caso di invasione russa dell’Ucraina, praticamente il Nord Stream 2 è divenuto oggetto di negoziato con la Russia.

A questo si aggiunge che se poi l’Ucraina dovesse entrare a far parte della Nato che negli ultimi tempi si è allargata e di molto verso i paesi dell’Est, sino quasi ad arrivare alle porte di Mosca, farebbe sentire Putin troppo minacciato e quale Capo di Stato potrebbe permettere una tale avanzata, da parte di una Nato divisa al suo interno su due fronti da una parte l’America con Biden che cerca di riottenere una supremazia persa e dall’altra i paesi europei che cercano di smorzare le tensioni.

Ma tornando a quelli che sono i confini della nostra piccola realtà italica rispetto a tutto questo gigantesco scacchiere mondiale, dove le regole le dettano i giganti della Terra, e dove non esiste un’Europa unita come unico Stato, se malauguratamente, auguriamoci proprio di no, dovesse scoppiare un conflitto e il territorio sarà purtroppo quello europeo, la domanda sorge spontanea:

“La nostra attuale classe politica sarà capace di far fronte ad una situazione di tale emergenza che andrà a gravare sulla nostra sicurezza? “.

Tutto questo fa proprio tornare in mente quel “Sogno Europeo“ di Jeremy Rifkin….rimasto solo un titolo di un bel libro.

Lorena Polidori, 22 febbraio 2022

 

 

 

 

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