Economia

La produttività vien dalla campagna

L’importanza dell’agricoltura sostenibile

Economia

Le Bucoliche, dal greco boukólos, che significa pastore, sono un’opera del poeta latino Publio Virgilio Marone scritta nel 42 a.C. in un periodo drammatico per l’Italia dell’epoca. Era infatti un’epoca densa di guerre civili come la congiura di Catilina, gli scontri fra Giulio Cesare e Pompeo e l’ascesa di Ottaviano. Quest’ultimo fu autore dell’esproprio delle terre ai contadini (incluso quello dei genitori di Virgilio) per distribuirle ai veterani della guerra contro Bruto e Cassio che lasciò senza parole molti cittadini dell’impero e suggerì al poeta la fuga dalla tragica realtà di guerra e stragi attraverso l’evasione intellettuale e la contemplazione della natura.

Nell’opera si ritrova il concetto di locus amoenus, luogo felice e sereno, ideale ed esoterico, in cui fuggire e rifugiarsi in totale armonia con la natura e lontani da tensioni di ogni sorta. I pastori non sono reali, ma sono idealizzati ed incarnano il sogno del poeta. Non svolgono lavori pesanti o degradanti, ma anzi si occupano di musica e canti e si rifugiano nel loro mondo sereno lontani dalla difficile realtà dell’epoca. Le Bucoliche ebbero grandissima fortuna e furono prese come modello da tutti i successivi poeti bucolici latini. Ebbero poi grande influenza anche sulla poesia di autori come Dante, Petrarca e Boccaccio.

Oggi l’agricoltura ha un peso sul PIL notevolmente inferiore rispetto a quello che aveva all’epoca di Virgilio. L’economia romana si basava principalmente su settore agricolo e commercio e solo in misura minore su quello dei servizi. Nel 2020 il settore agricolo italiano ha fatto segnare un PIL di 36,4 miliardi di euro. La quota percentuale sul PIL totale è solo del 2,2%.

Molti inoltre pensano che l’agricoltura sia ancor’oggi un’attività arretrata, quando invece studi statistici hanno dimostrato che la produttività è cresciuta più rapidamente nel settore agricolo che nella maggior parte delle altre industrie. Progressi importanti includono la meccanizzazione tramite trattori e mietitrebbie, l’utilizzo di fertilizzanti e sistemi di irrigazione, l’allevamento selettivo e lo sviluppo di nuove sementi.

Tutte queste innovazioni hanno determinato un sensibile aumento della produttività degli input impiegati e a sua volta, la rapida crescita del settore agricolo ha notevolmente aumentato l’offerta, riducendo notevolmente i prezzi dei prodotti agricoli rispetto ad altri del sistema economico, tanto che oggi i governi sussidiano il settore per far fronte al calo dei redditi. Addirittura, ogni anno una parte dei terreni viene “scartata” per evitare eccessi produttivi, in quanto la domanda di prodotti agricoli è decisamente anelastica rispetto al prezzo.

Tutt’oggi una percentuale molto alta del budget europeo (si stima oggi sia poco sotto il 40%) viene destinata alla politica agricola comune (PAC). Negli anni ’80 era addirittura oltre il 70% e fu la causa di uno scontro fra Regno Unito ed Unione Europea, quando Margaret Thatcher pronunciò la famosa frase: «I Want my money back», ed ottenne il cosiddetto “sconto britannico”, ossia un ristorno dei contributi a favore delle casse inglesi perché i soldi che Londra versava come contribuente nelle casse dell’Ue finivano per sovvenzionare l’agricoltura francese e tedesca.

Le statistiche commerciali considerano l’agricoltura soltanto un’attività economica. L’agricoltura intesa come stile di vita, come patrimonio, come identità culturale, come antico patto con la natura, invece, non ha prezzo. Tra gli altri importanti contributi non monetari dell’agricoltura si annoverano la tutela degli habitat e dei paesaggi, la conservazione del suolo, la gestione dei bacini idrici, il sequestro di anidride carbonica e la protezione della biodiversità.

Quali però le sfide del futuro per l’agricoltura? Il settore agricolo è purtroppo oggi responsabile di qualcosa come il 24% del totale delle emissioni di gas serra globali. Le attività agricole legate all’allevamento e alle foreste o per altre attività legate all’utilizzo del suolo sono purtroppo tra i principali responsabili del cambiamento climatico. In valori assoluti sono in seconda posizione alle spalle delle attività legate alla produzione di energia.

Ecco perché è oggi più che mai importante parlare di agricoltura sostenibile. Nel 2050 inoltre la popolazione mondiale si attesterà sui 10 miliardi circa e la produzione per sostenerla dovrà aumentare. Fra i punti cruciali vi è quindi la ricerca della sostenibilità, cosa assai complessa perché i suoi processi produttivi coinvolgono attivamente tutte le risorse naturali e si applicano a territori molto estesi.

La FAO ha recentemente definito i 5 principi dell’agricoltura sostenibile:

  • aumentare la produttivitàl’occupazione e il valore aggiunto nei sistemi alimentari: modificare le pratiche e i processi agricoli garantendo i rifornimenti alimentari e riducendo allo stesso tempo i consumi di acqua ed energia;
  • proteggere e migliorare le risorse naturali: favorire la conservazione dell’ambiente, riducendo l’inquinamento delle fonti idriche, la distruzione di habitat ed ecosistemi e il deterioramento dei suoli;
  • migliorare i mezzi di sussistenza e favorire una crescita economica inclusiva;
  • accrescere la resilienza di persone, comunità ed ecosistemi: trasformare i modelli produttivi in modo da minimizzare gli impatti che gli eventi estremi innescati dai cambiamenti climatici e la volatilità dei prezzi di mercato hanno sull’agricoltura;
  • adattare la governance alle nuove sfide: assicurare una cornice legale idonea a raggiungere un equilibrio fra settore pubblico e privato, assegnare incentivi e garantire equità e trasparenza.

Criteri che poi ritroviamo nei 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile o Sustainable development goals, SDGs, che compongono un vasto programma di azioni e interventi composti da 169 target sottoscritti nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

Oggi anche i consumatori chiedono un futuro sempre più sostenibile. Non a caso, la sostenibilità è un criterio a cui i consumatori associano sempre più importanza nella decisione di acquisto: il 79% sta modificando le proprie preferenze in base a criteri di responsabilità sociale, inclusività o impatto ambientale. E a volte per accontentarli bastano piccoli sforzi.

Leggevo recentemente un report di una nota casa di investimento che con l’aggiunta di un prodotto al mangime delle mucche, le emissioni di metano degli animali si riducevano di oltre il 30%. Così facendo, non renderemo forse il mondo agricolo poetico come ne parlava Virgilio, ma di sicuro miglioreremo la nostra qualità della vita.

 

Alessio Benaglio

 

 

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