Economia

L’Italia passa l’esame del rating Dbrs, ma c’è la bomba crescita

I tassi Bce affossano il Pil. Ora giù le tasse anche per la classe media

Dopo aver superato l’esame di S&P, l’Italia è stata promossa anche da Dbrs Morningstar che venerdì notte ha confermato la pagella del nostro Paese (rating BBB) con outlook, cioè prospettive, “stabili”. Ma più ancora vale forse il motivo alla base del giudizio della più piccola delle quattro signore del rating: per Dbrs infatti fondamentali economici dell’Italia “restano resilienti” e il suo rapporto deficit-Pil in miglioramento, anche grazie al Pnrr. Insomma, a dispetto dei gufi della sinistra, le pagelle di S&P e di Dbrs sono un buon viatico per affrontare Fitch il 10 novembre e sette giorni dopo la prova capitale di Moody’s.

La stessa Dbrs rimarca tuttavia come i costi lasciati dal Superbonus abbiano compromesso la situazione e non esclude che il prossimo anno la Commissione Ue, quando sarà tornato in vigore il Patto di Stabilità, apra una procedura sul deficit tricolore. Malgrado questo, prosegue l’agenzia di rating,  la situazione dovrebbe rimanere relativamente stabile, grazie alla linea della prudenza fin qui seguita dal governo e all’elevata solidità raggiunta dalle banche anche dinanzi alla possibile risalita dei crediti deteriorati. Promossa poi l’idea del Tesoro di ricorrere ai piccoli risparmiatori anche con il Btp Italia, per rendere i bond governativi meno esposti ai capricci dei grandi investitori esteri.

I problemi però qui sono altri. A partire dalla crescita asfittica a causa del cappio dei tassi di interesse della Bce dopo dieci rialzi consecutivi. Centro studi di Confindustria taglia infatti le stime di crescita del Pil che avanza solo dello 0,7% quest’anno e ancora peggio dovrebbe fare il prossimo (+0,5%). Performance da prefisso telefonico che ricordano l’andamento dell’economia italiana prima del Covid, ridotta per oltre 50 anni a andamento incerto.

Che cosa ha fatto grippare il motore? La ragione, dicono gli economisti di Viale dell’Astronomia,  va cercata “nell’effetto negativo” imprese e sulle famiglia della politica restrittiva della Bce sul costo del denaro che ha reso sempre più pesanti le rate di mutui casa e prestiti. L’esito è stato un calo “preoccupante” degli investimenti e una produzione industriale che zoppica, soprattutto nei settori più energivori comunque alle prese anche con il caro bollette. Il tutto va poi sommato a un commercio estero molto debole, complice la difficile congiuntura internazionale che deve fare i conti con la guerra in Ucraina e con l’offensiva di Israele all’attacco terroristico di Hamas.

Senza contare che anche il credito da parte delle banche è in forte riduzione: -6,2% lo scorso agosto i prestiti bancari. Al punto che gli industriali non escludono, se la situazione resta immutata, che si materializzi una crisi di liquidità.

In sintesi, il governo deve fare presto. La legge di bilancio che sta per approdare in Parlamento, pur con gli ultimi correttivi sugli affitti brevi, fa molto poco per la vera classe media. O meglio contiene indizi preoccupanti sia sul taglio del cuneo fiscale sia sulla rivalutazione delle pensioni oltre i 5mila euro. Evidente che, in una situazione difficile come l’attuale, occorra aiutare in primo luogo le fasce di reddito più basse, ma a pagare non dovrebbero essere gli altri. Non basta, insomma, fare il lifting al fisco o sospendere le cartelle a Natale per far cambiare passo al Paese. Per rilanciare i consumi occorre lasciare più soldi in busta a paga anche a chi può spendere così da spingere i consumi e strappare gli artigli alla burocrazia, perchè questo è l’unico modo per permettere di lavorare le imprese del made in Italy. Probabilmente a conti fatti si scoprirà, come insegna la curva di Laffer, che anche il gettito sarà aumentato. I liberali che compongono questo governo lo sanno bene, speriamo che non se ne dimentichino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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