Francesco Milleri è molto più di un manager. È l’erede designato di Leonardo Del Vecchio, il visionario che ha trasformato un’azienda di occhiali in un colosso globale. Ma oggi Milleri non è solo alla guida di EssilorLuxottica: è anche il regista silenzioso di una strategia ben più ampia che passa attraverso Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, e che si muove con passi calibrati dentro i gangli del potere finanziario italiano.
Con partecipazioni chiave in Mediobanca (19,9%), Generali (9,8%), Unicredit (2,7%) e Monte dei Paschi di Siena (9,78%), Delfin è diventata una presenza discreta ma sempre più influente nello scacchiere del risiko finanziario. Ma qual è la logica dietro queste mosse? La risposta è in quello che potremmo chiamare, appunto, il “Metodo Milleri”, ben illustrato dallo stesso manager in una recente intervista al Foglio. Le sue dichiarazioni rappresentano un’interessante guida agli investimenti intelligenti, soprattutto se messe in relazione con le dinamiche attuali.
Investire per innovare: il cuore della strategia
La visione di Milleri è chiara: non si tratta di entrare nei salotti buoni della finanza per mero protagonismo, ma di portare un nuovo modello industriale. Quello che ha fatto di EssilorLuxottica un gigante dell’innovazione — dallo smart eyewear alla tecnologia med-tech al rapporto privilegiato con un colosso come Meta — può essere replicato anche nella finanza. L’obiettivo? Aiutare le istituzioni italiane a diventare più forti, più moderne, più competitive.
“Vogliamo aiutare il mondo finanziario italiano a crescere – ha dichiarato Milleri – introducendo tecnologie innovative per competere con i grandi colossi internazionali”. Un’idea apparentemente semplice che pochi sono riusciti davvero a mettere in pratica. E, soprattutto, un principio guida che “sconvolge” gli assetti consolidati della finanza italiana: la entry come socio rilevante in un’azienda è strettamente interconnessa alla possibilità di influire sulle strategie, di contribuire al rinnovamento. Occorre, tuttavia, ricordare che l’ingresso di Delfin in Mediobanca è legato a uno screzio tra Del Vecchio e il Ceo di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, che gli negò le “chiavi” dello IEO-Monzino di Milano, il polo sanitario di eccellenza creato da Enrico Cuccia.
Il caso Mps-Mediobanca: oltre la logica di mercato
Uno dei fronti più caldi è la possibile fusione tra Monte dei Paschi di Siena e Mediobanca. Delfin, con una posizione di rilievo in entrambe, è tra i protagonisti di questa partita. E Milleri non lo nasconde: “Guardiamo con interesse a operazioni come questa, non solo come un’opportunità di mercato, ma come un passo per rendere più competitivo il settore finanziario del nostro paese”, ha dichiarato.
Dietro questa frase c’è una filosofia di lungo termine. Non si tratta solo di comprare o vendere, ma di costruire. Come nel mondo industriale, anche nella finanza la dimensione, l’efficienza e la capacità di innovare faranno la differenza. E Delfin è pronta a fare la sua parte, mettendo a disposizione capitale, competenze e visione. Il suo voto favorevole ha contribuito all’approvazione dell’aumento di capitale al servizio dell’Ops su Piazzatta Cuccia. Anche in questo caso, infatti, l’ingresso della cordata Delfin-Caltagirone–Banco Bpm (insieme ad Anima) è avvenuto in concomitanza con la cessione da parte del Tesoro di una quota, in osservanza dei paletti post-salvataggio imposti dalla Commissione europea e dalla Bce. Occorre, altresì, puntualizzare che il piano dell’ad di Monte Paschi, Luigi Lovaglio, per Mediobanca ha senso industriale: aggregare una banca commerciale con una merchant bank per rafforzarla nel settore corporate
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Generali, il prossimo passo?
L’assicurativo è l’altro grande terreno di gioco. Delfin, insieme a Francesco Gaetano Caltagirone, è una delle forze dietro la lista alternativa al vertice di Generali. Qui la posta in gioco è la governance futura del Leone di Trieste, e soprattutto il modello di sviluppo.
Milleri non ha mai detto apertamente di puntare al controllo, ma la presenza nel capitale, le mosse coordinate con altri grandi azionisti e il peso crescente nei cda dicono molto. Anche qui il ragionamento è sempre lo stesso: investire dove ci sono margini per innovare, portare mindset, cambiare passo. Il voto in assemblea del 24 aprile sarà un termometro importante. Tuttavia, il fatto che Lovaglio abbia definito Generali “non cruciale” nell’ambito del progetto Mps-Mediobanca fa pensare che il primo gruppo assicurativo italiano – ove ci fosse un cambio nei vari assetti di controllo – potrebbe passare di mano. Forse a investitori italiani come Delfin e Caltagirone. Forse no.
Unicredit, Banco Bpm e il mosaico che si completa
Secondo la stessa logica si muove anche il quadro che coinvolge Unicredit, dove Delfin ha un piede nel capitale, e il suo tentativo di scalata su Banco Bpm. La stagione del consolidamento è iniziata e Delfin osserva, valuta, si muove quando serve.
Secondo Milleri, “i sistemi collaborativi e la crescita dimensionale saranno gli elementi fondamentali del successo futuro”. E il consolidamento bancario, se fatto con criterio, può essere una leva straordinaria per creare valore, non solo per gli azionisti, ma per il paese intero. Letta secondo un’altra prospettiva, tuttavia, la dichiarazione di Milleri assume tutt’altro significato: Unicredit con il suo 5% in Generali e con la sua Ops su Banco Bpm (su cui però il governo ha fissato prescrizioni, unico caso nel recente risiko) potrebbe interferire sia nella battaglia sulla governance del Leone che nel tentativo di fare di Mps un polo attrattivo di altri istituti come quello di Piazza Meda. Un’intesa (meglio se senza Intesa) sarebbe la soluzione ottimale.
Il futuro? Una finanza più grande, più forte, più digitale
Il futuro che immagina Milleri è fatto di alleanze, di tecnologia, di crescita dimensionale. Non è un futuro in cui tutto viene deciso nei palazzi romani o nei salotti milanesi, ma uno in cui il capitale si muove con intelligenza per accompagnare — non frenare — l’innovazione.
Certo, ci sono ancora resistenze. Ma Milleri è ottimista: “Il recente attivismo del nostro sistema finanziario fa ben sperare”. E chissà che non sia proprio Delfin, con il suo Metodo Milleri silenzioso ma ambizioso, a scrivere il prossimo capitolo del libro del capitalismo italiano.
Enrico Foscarini, 20 aprile 2025