Antonio Groppi, chi era costui? Uno nessuno e centomila, uno zero che non c’era, si è già cancellato, uno che si informa sul mio turbocancro che non ha ancora fatto il suo dovere, in risposta ad un mio post sul sacro concertone. Tanto per chiarire la grana morale di chi lo segue, il concertone venti venticinque. Il messaggio, che ribadisco, diceva: chi oggi sfila non per i diritti dei lavoratori, questa categoria dello spirito (intesa sia come diritti che come lavoratori) ma per il diritto di Landini di far carriera, è un servo canterino senza eccezioni. La liturgia festaiola dei lavoratori sfruttati, vessati, approfittati, forse già a partire dall’evento in questione, ma non sta bene approfondire, si è risolta nel segno dei tempi: un miscuglio di Sanremo e X Factor con le ugole fallite che portano il loro messaggio, fatto di narcisismo patetico, alla ribalta dei pretesti.
Succede di tutto, ma mai di buono, dalla lottizzazione dei talent e dei baracconi televisivi agli inopinati intoppi tecnici: la Nemesi, sublime, impareggiabile come la Adelina di “Amici Miei”, colpisce tale Gaia cui durante la menata, falsissima, per i lavoratori parte l’autotune originando un effetto straniante, grottesco, monicelliano. Da lì, è tutta una sfilata di finzioni, di vanità, di paraculaggini: prendi Elodie, la compagna a “chiappe divaricate” (nessun filosofo: cito Lino Banfi) che si scopre a favore delle maestranze; prendi la miseria umana di tali Patagarri o Paracarri capaci di una bassezza somma, usano un canto tipico ebraico per sbraitare in favore di Gaza, della Palestina, con conseguente boato della folla, tutta composta di Antonii Groppi, ma che c’entra il lavoro con la Palestina?
Domanda inutile, e ci scappa da vomitare, prendi i pipponi dei presentatori che sparano le loro morti di lavoro, le loro cifre che in sé significano niente, fingendo di accorarsene, e quanto sarebbe bella una visita dell’Ispettorato prima di qualche concerto o evento che li riguarda, delle volte; prendi questa Big Mama che pretende di fare l’artista senza presupposti e passa in una frase dalle vittime di lavoro al vittimismo espanso da “ma perché ce l’hanno con me”: questa Big Mama se la cerca, ecco tutto, e va detto una buona volta: se, sovrappeso come sei, fai di tutto per accentuare la mancanza di grazia e ti metti a strillare che sei gender, semplicemente vuoi attirare l’attenzione e il minimo che ti capita sono gli imbecilli che tuttavia non ti “odiano” perché sei obesa ma perché ne fai un veicolo pubblicitario, insomma provochi con metodo, cioè pretendi di prendere tutti per scemi: Aretha Franklin, incomparabilmente più grande in tutti i sensi, nessuno si permetteva di sfotterla non solo per l’immensità artistica, ma perché sapeva porgersi in scena con l’autorevolezza di un matrona, si portava addosso epoche di sfruttamento, di cultura musicale.
Prendi il piccolo Leo, il nipote d’arte, il Gassmanino che lo infilano dappertutto ma non ce la fa, non esce fuori e allora eccotelo zompettare sull’immancabile “Bella Ciao”: che c’entra col lavoro? Te lo raccomando, il piccolo Leo, ma forse il cognome non tira più tanto e conviene votarsi direttamente alla segretaria Lella. Questo è o non è servilismo? Lo è o non lo è l’incomprensibile omaggio corale a Bergoglio, percepito come un pro Hamas? Lo è o non lo la strampalataggine di tale Sarah Toscano, una che incarna nelle sue forme, nei suoi corpetti, nella fisicità influencer tutto l’insulso sanremese, consumistico, una negazione inesorabilmente implosa, e che ci fa qui a levare il pugnetto “per i tre che ogni giorno non tornano a casa”? Che ci fanno i soliti maranza imposti dalla sinistra piddina? Che c’entrano questi col lavoro che se mai aborrono, che evitano come la peste e se ne vantano? Gliel’ha insegnato Ilaler Salis a far propaganda sgangherata alludendo, si capisce, ai presunti responsabili di ogni infortunio o disgrazia o accidente o responsabilità sul luogo di lavoro, fra i quali mai il PD-CGIL la cui faccia di bronzo è impareggiabile, peggio dell’Adelina di “Amici Miei”, per dire la sinistra fellona, opportunistica, artefice della flessibilità contrattuale da cui tutto discende?
Ma fatela finita! Ma mollatela lì coi baci a stampo saffico, siccome il lavoro è gender, chissà poi perché, coi vostri appelli per Hamas mascherati da umanitarismo, con le vostre trombette e bonghi e saltelli da centro sociale, ma non lo vedete che siete patetici, oltre l’imbarazzo? Quei tipi misconosciuti, tali Legno, che salgon su con delle maschere di compensato “Se no ci riconoscono troppo, è stressante”, è bello, fa tenerezza l’eterno spettacolo dei nessuno che si millantano nella speranza di combinare qualcosa, gente come Scanzi, per dire, ci è nata e cresciuta. Quell’altro, Ghali, l’immancabile Pinocchietto al quale salta il microfono, sarà stato il Mossad? E allora mandiamo la pubblicità, nella baracconata di quest’anno è tutta una pubblicità perché saltano di continuo i collegamenti, la tecnica vacilla, si vede che i lavoratori del concerto per i lavoratori non lavorano mica tanto bene. Elodie e i diritti. Sarah Toscano e i diritti. Big Mama e i diritti: fa ridere o fa disperare?
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E vi risparmio la scena agghiacciante, extra-concertone, del compagno ottocentesco Guccini dalla barba operistica che su Tik Tok, dico Tik Tok, canta Bella Ciao contro Salvini e Meloni: non levategli il fiasco, levategli il social, che è ora. Il meglio è l’Achille Lauro che sta lì per il proletariato sfruttato, ma chi se n’era mai accorto, questo apprendista con magistrato di famiglia incorporato e il nome d’arte di un armatore monarchico in odor di fascismo, poi parte la pubblicità e c’è lui che entra in un McDonald’s, come dire l’epitome della globalizzazione sfruttatrice. Crispy chicken et circenes, proprio: i chicken sono gli Antonio Groppi che fanno “oooh”.
Max Del Papa, 2 maggio 2025
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