Cronaca

Pane, antifascismo e bugie: la sinistra campa di frottole

Mai come in questo passaggio storico i compagni campano sul fumo, sulle balle: ecco perchè

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La sinistra riparta dai suoi mitomani e cacciatori di dote. Prima il sindacalista che si inventa un agguato squadrista gettando nel patetico i suoi capi e propagandisti, poi la fornaia di Ascoli, panettiera antifà che fiuta l’eterno 25 aprile dei fanatici e mette un cartello provocatorio per attirare l’attenzione ma non le basta, anche lei si inventa chissà quale persecuzione, subito smentita da Questura e circostanze. Gente che si è stufata di alzarsi alle 5 per impastare o semplicemente di scaldare una sedia e vuole di più facendo di meno, da influencer dell’antifascismo che si inventa la pagnotta resistenziale, la madia rivoluzionaria, il lascito delle nonne partigiane che ha anche rotto i coglioni.

Sinistra immatura, infantile, passata dagli slogan per sostenere idee sbagliate agli slogan fini a se stessi, senza nessuna idea, nemmeno sbagliata, nemmeno aberrante. Pura phoné militante ma per motivi pretestuosi: vogliono innalzare il livello dello scontro, come si diceva negli anni di piombo, vedono che una senz’arte né parte, piena di condanne e precedenti, arriva al Parlamento europeo e dicono: e perché io no? Perché non posso almeno provarci? A sostenere la fornaia antifà è subito corso l’ex sindaco pesarese Ricci in piena campagna elettorale per il governatorato marchigiano, uno fra i più vaccinisti più arroganti, uno di quelli che non ammetteranno mai le loro provocazioni e trovate tutto fuor che democratiche. Ma perché dovrebbero se ne vengono premiati, candidati?

Mai come in questo passaggio storico la sinistra campa sul fumo, sulle balle. Da una settimana si ascolta un rumore di fondo che cresce sul niente, una panettiera che pare uscita da un centro sociale afferma di aver subito una repressione che nessuno ha visto ma la macchina del partito si muove, la tiene su, va in pellegrinaggio nella sua bottega, ci si fa i selfie ovvero la politica che usa oggi, l’unica possibile. E non c’è niente di reale, nessuno ha imposto alla panettiera di lotta e di michetta di rimuovere il suo tatzebao egocentrico, nessuno l’ha brutalizzata, si è cercata attenzione e non avendone ricevuta quanta ne sperava, insiste. Da Ventotene ad Ascoli, dal parmigiano allo sfilatino partigiano ogni trovata è buona: antifà non si sa, antipatica di sicuro come lo sono gli esaltati e i furbi, quelli che campano sull’aria, sulle parole, sugli atteggiamenti e sul modo di acconciarsi. Sarebbe questa la Liberazione che guarda avanti, che punta ad includere? Ma se è il solito spettacolo antagonista dei noi quattro gatti contro il mondo!

C’era meno faziosità in anni più infuocati, la sinistra primivitista, brutalista è tornata ai latrati, alle canee belliciste, chi non riconosce nel proprio Pantheon otto-novecentesco lo vuole, a seconda delle circostanze, o ai forni o appeso o sprangato come il povero Sergio Ramelli al quale non bastò cinquant’anni fa venire spappolato nel cervello da un commando di balordi che fecero tutti carriera, uno perfino nella commissione lombarda che doveva infliggere le punizioni a chi non si vaccinava, il reduce giusto al posto giusto. Ramelli viene ammazzato anno dopo anno con la scusa di essere fascista: nel suo caso la contestualizzazione cara ai giullari e agli analfabeti politici non rileva, quel diciottenne pagò con la vita per un tema di superficiale buon senso che oggi potrebbe scrivere uno di quei riformisti improvvisati alla Calenda o Renzi, eppure resta fascista: potessero, gli scoperchierebbero di nuovo il cranio a mazzate di filoni di pane duri come chiavi inglesi.

Atteggiamento barricadero di narcisisismo infantile ma cretino perché utile ad ingenerare esasperazione, a non vedere i veri autoritarismi e totalitarismi circolanti, su tutti quello di una finanza oltre il mercato e oltre la produzione che fa comodo chiare woke per non dire che è il solito gioco del positivismo colonizzato dai post marxisti o della tecnologia irresponsabile che “lancia aerei in volo senza avere finito di costruirli” come diceva, vantandosene, la Janine Small di Pfizer a proposito di un vaccino devastante: lo stesso accade con l’auto elettrica che bisognava ricaricare ogni 200 chilometri, mettendoci 4 ore, sempre che non ti esplodesse sotto il sedere “perché non è ancora testata”, e lo stesso della rete energetica che innerva le infrastrutture di un Paese europeo come la Spagna la cui dèbacle fa ridere il mondo.

Il famoso mix che si deve per il settanta, ottanta per cento alle rinnovabili che non rinnovano niente è saltato per uno sbalzo, un refolo di tensione e adesso vengono a dire che è perché sono sono mai stati curati i dispositivi di controllo e di stabilizzazione dell’afflusso. Sempre l’aereo fatto volare quando è ancora a metà. Ma, tetragoni alla decenza, insistono, distorcono, pretendono di dare la colpa al nucleare che è l’unico a poterli salvare. Ancora il dogma della finanza ideologizzata che recita: tutto quello che ci immaginiamo possiamo farlo e tutto quello che possiamo fare dobbiamo farlo, tanto le conseguenze le pagano i cittadini che, nell’orgia di diritti teorici, hanno visto quelli pratici regrediti ad unico obbligo di votare, obbedire, subire. E in più gli diciamo che se la sono cercata perché noi manovriamo la Narrazione che sarebbe la comunicazione truffaldina che ha sostituito l’informazione pluralista.

Le panettiere e i sindacalisti antifà non vedono la portata totalitaria delle decisioni esogene, calate dall’alto, su qualsiasi cosa, si tratti di energia, mobilità, alimentazione, sessualità, educazione, consumi; loro vedono solo il fascismo mummificato, secolare delle nonne e delle mitologie che neppure conoscono, procedono per slogan, per trovate situazioniste. Lo sfilatino antifà non avrebbero saputo immaginarlo neppure i dadaisti sul monte Verità, ma tiene banco nella sinistra influencer che doveva eleggere Chiara Ferragni, una che alla prova dei fatti si è rivelata più insulsa e più culturalmente inconsistente del suo ex marito, altro che bocconiana, altro che imprenditora digitale.

Max Del Papa, 1 maggio 2025

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