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Ideona su Repubblica: protesti? Non ti puoi curare

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Oggi La Repubblica di Bologna ci ha regalato una perla. Una di quelle interviste da conservare, un saggio straordinario della mentalità distorta che alimenta il dibattito paranoico di quest’era pandemica. Il protagonista è il filosofo Roberto Brigati, che sulle colonne del quotidiano si avventura in una serie di ragionamenti che sarebbe un eufemismo definire imbarazzanti. Se per farli serve la laurea in filosofia, le facoltà di filosofia è meglio evitarle e basta.

Ebbene, Brigati comincia pontificando sul valore sociale della prevenzione. E ricorda che, un tempo, il medico si limitava a dire al fumatore che le sigarette fanno male, finché non è arrivato il salto di qualità: le leggi antifumo. Ma se la prevenzione ha valore sociale nel mondo tutto interconnesso, nell’epoca della “impronta” ecologica, in cui persino respirare ha un costo per l’umanità (perché si produce anidride carbonica, e via con la solita solfa gretina), allora dovremmo vietare praticamente tutto, no? Ad esempio, i cibi grassi. L’alcol. Gli sport pericolosi. In fondo, se il punto è “risparmiare denaro pubblico”, come dice Brigati, anche l’obesità e le altre dipendenze, inclusa la ludopatia, sono una voce di costo altrettanto, anzi, ben più onerosa del Covid.

È proprio, qua, in effetti, che va a parare il nostro intellettuale. Perché, come sapete, da un po’ di tempo sembra essere di moda questa brillante idea: non ti vaccini? Pagati le cure. Che è un po’ come dire, appunto, al fumatore, che deve pagarsi i trattamenti oncologici, o all’obeso e al diabetico che, avendo tenuto uno stile di vita e un’alimentazione insani, se vogliono essere salvati dal collasso, devono svuotarsi il conto in banca. Basterebbe far notare che anche i no vax, i golosi e gli alcolisti, normalmente, pagano le tasse: dunque, hanno “comprato” i servizi di cui poi usufruiscono. Per di più, se la sanità è un diritto di tutti (come gli stessi soloni di sinistra ci tengono a ribadire ogni due per tre), anche il nullatenente che non versa un euro di tasse va curato senza che debba sborsare un quattrino. E anche se non segue alla lettera tutte le indicazioni dell’Oms e se non è d’accordo con tutto ciò che gli impone il suo governo.

Brigati, tuttavia, non ci arriva. E risponde, a una domanda sulle proteste contro il regime sanitario: “Chi reclama la libertà di gestirsi vuole però essere certo, se si ammala, di poter andare in ospedale e trovare qualcuno che rischia la propria vita per salvare la sua. Sono morti centinaia di operatori sanitari, che avrebbero potuto starsene a casa e lasciare che i libertari se la sbrigassero da soli. Prima di parlare di dittatura sanitaria pensiamo un attimo a loro”. Ci voleva un filosofo per mettere in fila questa cornucopia di sciocchezze.

Cominciamo dall’equivoco numero uno: che chi protesta contro la violazione delle libertà costituzionali sia per forza contrario ai vaccini. È il giochino facile facile di liquidare i contrari al green pass come no vax. Ma ammettiamo pure che i dissidenti siano tutti, o quasi tutti, non vaccinati. L’altra bestialità è che gli operatori sanitari potrebbero “starsene a casa”, abbandonando gli scellerati “libertari” al loro destino. E dove sta scritto? Durante la pandemia, il sacrificio di medici e infermieri, mandati in trincea senza mezzi e senza protezioni, è stato commovente. Del prezzo umano che hanno pagato andrebbe chiesto conto a chi, ad esempio, anziché dotarli di mascherine, ne ha spedite tonnellate in Cina, e non ai “libertari”. Ma al di là di questo: su che base avrebbe senso affermare che un sanitario può mollare baracca e burattini, quando la situazione volge al peggio? Chi fa il medico sottoscrive un giuramento. E la deontologia professionale non prescrive di curare il malato solo quando ciò non comporta rischi. Ci pare di capire che, oramai, per i pasdaran dello stupro della libertà, la malattia è diventata la prova di un crimine.

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