Politica

La Madonna pellegrina Todde s’è spesa per l’Abruzzo. E ha preso pernacchie

L’effetto Sardegna con è finito in due settimane. Il campo largo tanto auspicato dalla sinistra è già a fine corsa

todde voto abruzzo © Paperkites tramite Canva.com

Una dimensione tragicamente infantile. La reificazione immatura del consumo pubblicitario. La politica che doveva assorbire l’universo influencer e in questo è rifluita. Tragicamente, sì. Che cosa resta di questa tornata locale, così come della precedente? Un dibattito che ricorda i film con Bombolo e er Monnezza: “Ahò, amo vinto. Se la so pijata nderculo. Amo vinto, capito”. “Ah. Cazzo. È annata male. Campo largo un cazzo”. E chi abbia vinto cosa, perso cosa, non rileva.

Un gioco agghiacciante, neanche fine a se stesso, una roba, come la chiamano? Pop? Per dire leggera, disimpegnata, fruibile? Ma no, è l’immaturità di ritorno, ritardata, del bambino che fa cose senza pensare, senza neppure sapere perché le fa e cosa stia facendo. Scrive Francesco Cataluccio nel suo imperdibile Immaturità – la malattia del nostro tempo: “Sono ormai scomparsi, come le mezze stagioni e le lucciole, gli adulti. In giro si vedono quasi soltanto bambini e vecchi. E per di più i piccoli si comportano come grandi (…) Sembra di sentire risuonare nell’aria il finale del Falstaff di Giuseppe Verdi: Tutto nel mondo è burla!”.

Sì, ma una burla agghiacciante. Cataluccio, uscito con questo testo 20 anni, preconizzava senza saperlo il woke e la dimensione influencer, lo sprofondo della politica nel vortice dei miraggi. Prendi questa Todde, miracolata grillina in Sardegna: nel più puro situazionismo grillino, appena eletta ha messo in fila una serie di iniziative incomprensibili, dall’invitare, come un capo di Stato, Patrick Zaki, il tortellone egizio ingrato e digiuno della nostra lingua, al fiondarsi con Bersani in Abruzzo, successiva tornata del campo largo: è un governatore, un amministratore, una commessa viaggiatrice? Della sfiga, nello specifico, perché era meglio se stava a casa: più o meno, ha fatto la fine di Scanzi, altro influencer tetro, a Berlino coi CCCP del fasciocomunista Ferretti. Todde non sa perché è andata in Abruzzo, a dare una mano a perdere a D’Amico, c’è andata, semplicemente, perché credeva, perché pensava. Perché non pensa, in realtà, perché pensare significa soppesare il contesto reale e le possibili conseguenze.

Politica verbosa e barbosa. Ahò, er campo largo se lo mettono ar culo, se lo semo messo ar culo. Non c’è dubbio: più che largo è dilatato, ed è il solito Campo di Agramante. Ma c’è del grottesco nella disfatta: i dioscuri di Soumahoro, Fratoianni e Bonelli, che insistono, Conte che ammette, uno schifo ma gli staremo addosso a Marsilio (contestato con la seguente argomentazione politica: non è un abruzzese stanziale, che sarebbe come dire: non è un arrosticino di castrato. Molto maturo). Calenda che come sempre prende le distanze da se stesso: “Il campo largo non funziona”: bravo furbo, e che ci facevi dentro? Bell’ultimo il Renzi della Leopolda, lanciata come la notte degli Oscar per un acconto di partito che non arriva al 3%, ma forse, dall’alto dell’esperienza arabica, ha ragione lui, i voti non si contano si pesano eccetera.

Sì, ma che politica è? Per dire se ancora conserva qualche sostanza, un minimo di polpa sotto la buccia. Non si direbbe, è un carosello di calembour, trovate, pose, gesti atletici, un niente sotto il quale sta il niente. Nessuno ha capito cosa ci farà la Todde in Sardegna e nessuno riesce a capire i proposito di Marsilio in Abruzzo, dicono tutti: va beh, se ne riparla alle Europeee, “che c’è il proporzionale”. Tatticismo contabile ma per cosa? Per il potere, d’accordo, ma quale potere, funzionale a cosa, prospettivo a cosa? Cambiano le parole e non è vero che solo queste, non è proprio esatto che le nuove trovate semantiche servano a mascherare il gattopardismo politico: il cosiddetto campo largo, o santo, è qualcosa che va oltre i vecchi inciuci, ammucchiate o convergenze parallele, è uno sfilacciamento, uno sbracamento quasi orgoglioso, fine a se stesso, di gente che si sputa addosso per settimane, mesi, non smette neanche in fase elettorale e subito ricomincia. Che uno poi si chiede: ma, scusate, se vi odiate così chi ve lo fa fare? E sarà pure l’ambizione del potere, ma c’è qualcosa, al fondo, di patologico, di infantile, come un girotondo maledetto di bambini posseduti che non possono smettere di girare, prendendosi le mani e cercando di ferirsele.

Anche a destra, non credete, questa volta l’hanno scampata ma non è che stiano tanto messi meglio. Se dobbiamo dircele come vanno dette, le cose, se abbiamo facoltà e dovere di non mentire a chi chi legge, ebbene dobbiamo svelare l’acqua calda di un altro campo, magari non così largo, dove tutti si guatano, sono sospettosi, e in questo, micio micio, cresce soprattutto quell’acqua cheta di Tajani che aveva un partito morto e sepolto e ne sta facendo qualcosa di nuovo ossia di decrepito, la vecchia Democrazia Cristiana che da Mani Pulite tutti provavano a rifare, senza successo. Lui sì. Con le sponde alla Baronessa, l’attività diplomatica e lobbistica, la purga dei dissidenti interni. Insomma fa politica. Mentre una Todde fa l’antipolitica grillettara, spara spericolati slogan sui manganelli, che penalizzano pure gli omologhi abruzzesi, da cui una disperata volatilità. E niente, compagni, questo campo è largo come le chiappe di qualcun*, non tiene insieme, non funziona, tocca spingere ancora di più sulle spiate e le diffamazioni palleggiate fra informazione e la magistratura, roba di un delizioso retrogusto sovietico, ha da tornà Baffone.

Max Del Papa, 11 marzo 2024

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