Cronaca

La strage di Hamas col regime Covid non c’entra un fico secco

Guerra in Ucraina e in Palestina. Chi accusa l’Occidente di essere illiberale vada in Medio Oriente: lì manifestare è vietato

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Così come accaduto con la guerra in Ucraina, anche dopo la deflagrante crisi mediorientale, innescata dalla feroce aggressione di Hamas allo Stato democratico di Israele, tante persone che a suo tempo hanno contestato, con molte buone ragioni, le restrizioni imposte durante la pandemia tendono a collegare tutto ciò in un unico filo conduttore: la presenza in Occidente di un regime sostanzialmente illiberale che, tanto per cambiare, risponderebbe agli interessi di alcune ristrette oligarchie economiche e politiche che si diramano dagli Stati Uniti ed hanno nella Nato il suo onnipotente braccio armato.

E il fatto che sia bastato un virus banale per togliere gran parte dei diritti civili goduti dai cittadini dimostrerebbe che le critiche occidentali alla dittatura russa o a molti Paesi di fede musulmana sono assolutamente pretestuose. Ora, in merito a quanto successo durante gli anni bui del Covid-19, ci sono alcuni elementi che vanno assolutamente ricordati.

In primis, occorre sottolineare che ciò che è accaduto in Italia durante l’infinita emergenza sanitaria, tanto per durezza che per durata delle misure, non trova paragoni nell’ambito dello stesso Occidente. Inoltre, anche questo è importante rimarcare, le stesse misure liberticide imposte da noi hanno costituito un vulnus costituzionale senza precedenti nella storia repubblicana, reso possibile dalla muta accettazione di una popolazione a cui è stato fatto credere di trovarsi a competere con una malattia più letale della peste bubbonica. Tant’è che nessun altro Stato nel mondo avanzato ha imposto prolungati arresti domiciliari di massa e un lasciapassare sanitario che grida ancora vendetta.

Ma a parte questa vicenda, che ha lasciato un ferita profonda nella democrazia italiana, per il resto in Occidente e in Italia nessuno mette in discussione alcuni fondamentali diritti civili, tra cui quello di poter manifestare liberamente il proprio pensiero, anche attraverso la pubblicazione di scritti o l’esposizione di simboli e bandiere. Tant’è che siamo arrivati al paradosso di consentire ad alcune teste calde, per non dire di peggio, di manifestare in favore della causa palestinese – è accaduto a Milano sabato scorso – esibendo come una medaglia l’immagine di un aliante, ad una settimana dall’orrenda strage compiuta dai terroristi di Hamas nello Stato ebraico.

Ebbene, tutti questi campioni della libertà che attribuiscono al sistema occidentale la causa prima di ogni problema, compresa quella che impedirebbe ai palestinesi di avere un proprio Stato sovrano, sono a conoscenza del fatto che in buona parte dei Paesi di cultura islamica, anche tra i più moderati, la possibilità di manifestare in favore di Israele è pari a zero? Ma anche per questioni meno provocatorie, come tutte quelle legate ai diritti delle donne e delle minoranze di qualunque tendenza o orientamento, lo spazio per una civile espressione del dissenso possiamo definirlo eufemisticamente angusto, esponendo i pochi che si azzardano a farlo a grandi rischi personali.

Malgrado questa elementare evidenza, che sottolinea la profonda distanza tra Occidente e una grande porzione del mondo islamico sul modo di intendere i citati diritti civili, per i detrattori interni delle democrazie liberali essa non è importante. O almeno non lo è quanto il classico complotto demo-pluto-giudaico-massonico che sarebbe alla base dei principali conflitti che sconquassano il mondo.

Claudio Romiti, 17 ottobre 2023