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Con la legge Zan arriva lo psicoreato di transfobia

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Oggi il Parlamento si pronuncerà per varare la legge Zan-Scalfarotto-Boldrini per perseguire il reato di omotransfobia. Una parola composta che emette un suono disarmonico, un fonema recalcitrante alla musicalità gradevole, ma la dissonanza preoccupante attiene alla costituzionalità di un’innovazione legislativa che riconduce ad una minoranza l’immunità dal dissenso, comprimendo la libertà di parola. Il nostro ordinamento già punisce l’insulto, la diffamazione e l’aggressione e chiunque si renda responsabile di tali atti è suscettibile della misura sanzionatoria disposta dalle regole vigenti. La legge Zan-Scalfarotto si propone di infliggere una pena a chi esprime un’opinione critica, equiparandola ad una manifestazione discriminatoria.

La maggioranza rossogialla ispira provvedimenti finalizzati a scomporre, in una lettura relativistica dei valori fondanti la nostra civiltà culturale, la famiglia naturale nel tentativo di compiacere i gemiti della deriva nichilista con il suo corredo di consumismo e mercimonio emotivo.

Difendere, argomentando, il patrimonio della nostra tradizione, in base alla legge in discussione, rischia di diventare un abuso con le conseguenti penalità.

Così la libertà di espressione è minacciata dalla dittatura linguistica del politicamente corretto, che sanziona l’opinione sconfinante dal suo rigido e invalicabile perimetro lessicale. Per essere autorizzati a manifestare il proprio pensiero occorre avere il preventivo assenso della cupola del politically correct che rilascia la licenza di parola a chi ne osserva la professione di fede. In caso contrario si viene indagati per insubordinazione ai suoi precetti con l’aggravante di essere ascritti di imperio nella lista di proscrizione dei nostalgici antidemocratici. Si anticipano sentenze di condanna con l’accusa sommaria di fascismo, applicando, loro sì, il sistema fascista della repressione di parola. In nome della libertà si emanano norme liberticide, profanando il bene supremo della libertà. Siamo al bipensiero di orwelliana memoria: sostenere (simulando) un principio e contestualmente il suo contrario. Se voglio dissentire su uno stile di vita rivendico il diritto di esprimere il dissenso senza temere la rappresaglia di una legge ingiusta, che non difende dalla discriminazione essendone, semmai, la celebrazione apologetica. Ogni cittadino deve vivere nel pieno godimento di esercizio della libertà di opinione, senza subire linciaggi e intimidazioni dagli apostoli del pensiero unico, nel rispetto delle inclinazioni sessuali degli individui che hanno la libertà di vivere i propri rapporti emancipati dai pregiudizi.

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