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L’Italia sovrana in Ue: cosa deve fare ora Meloni

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Nel lungo discorso programmatico di Giorgia Meloni ieri alla Camera, uno è il punto in particolare sul quale vogliamo porre l’accento. Il rapporto con l’Europa. Il presidente del Consiglio ha sottolineato che “per la sua forza e la sua storia, l’Italia ha il dovere, prima ancora che il diritto, di stare a testa alta in questi consessi internazionali. Con spirito costruttivo ma senza subalternità o complessi di inferiorità, come troppo spesso ci è parso che accadesse in passato, coniugando l’affermazione del proprio interesse nazionale con la consapevolezza di un destino comune, europeo e occidentale”.

In altre parole, il presidente del Consiglio ha voluto sottolineare due aspetti:

1. l’appartenenza dell’Italia alla Ue, di cui peraltro è Nazione fondatrice, in condizioni di parità con gli altri Stati (come recita l’art. 11 della Costituzione) e non più in una posizione di subalternità a cui eravamo abituati da Monti in avanti;

2. l’affermazione dell’interesse nazionale in un consesso di alleanze internazionali, tanto a livello europeo che – più in generale – occidentale. Non più dunque una Nazione subalterna in Europa, ma protagonista, consapevoli del percorso comune ma allo stesso tempo “uniti nelle diversità”.

Meloni ha anche sottolineato la necessità che la Ue si occupi delle grandi questioni strategiche lasciando agli Stati nazionali il diritto di occuparsi di tutto il resto, nel rispetto del principio di sussidiarietà previsto dai Trattati stessi. Sul punto occorre sottolineare che, nel marzo 2018, Fratelli d’Italia presentò un disegno di legge costituzionale (C 291/2018) per riformare gli articoli 11 e 117 della Costituzione, nello specifico inserendo i “controlimiti” all’art. 11 e abrogando dall’art. 117 il riferimento al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (il cosiddetto vincolo esterno).

In buona sostanza, già dalla scorsa legislatura il partito dell’attuale premier avrebbe voluto inserire in Costituzione il rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inalienabili dell’uomo, creati come diga alla normativa europea ed internazionale dalla Corte costituzionale con le sentenze numm. 284/2007 e 238/2014 (i cosiddetti “controlimiti”), alle limitazioni di sovranità di cui all’art. 11 della Costituzione, oltre che abrogare la dicitura “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitari e dagli obblighi internazionali” cui è sottoposta la potestà legislativa di Stato e Regioni, previsti dalla riforma costituzionale del 2001 (centrosinistra) all’art. 117 della Carta. In pratica si tratta solo di costituzionalizzare ciò che ha dichiarato la Corte costituzionale.

Detto ciò, in considerazione del fatto che il presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico alla Camera ha parlato di riforma costituzionale, in primis di presidenzialismo, sarebbe opportuno che la maggioranza di governo trovi un’intesa anche sul vecchio progetto di FdI di inserire in Costituzione una barriera ai vincoli europei ed internazionali, tipizzando all’art. 11 i cosiddetti “controlimiti” dettati dalla Consulta e levigando l’impatto dei vincoli comunitari ed internazionali previsti dall’art. 117. Non un assalto al progetto comune europeo ma la costruzione di una Europa che non perda di vista – anzi protegga – i diritti fondamentali previsti dalle Costituzioni nazionali. Non è un caso che il presidente del Consiglio abbia altresì sottolineato che essere europeisti non significa essere necessariamente federalisti; si può avere un’Europa unita di Stati sovrani e non un’Europa falsamente unita dove ci sono Stati padroni e Stati subalterni.

La differenza rispetto al passato è tutta in ciò che più volte il presidente del Consiglio ha tracciato nel suo discorso programmatico: l’interesse nazionale. Se il Pd, su sua stessa ammissione, era in Europa per fare gli interessi della Ue e non quelli dell’Italia, il nuovo governo ha dichiarato di voler stare in Europa per fare un percorso comune ma tutelando l’interesse nazionale. Una differenza di non poco conto se si considerano i fallimenti dei governi di centrosinistra.

Non possiamo sapere quali saranno le dinamiche interne all’esecutivo e alla maggioranza parlamentare nei mesi o anni che verranno, fatto sta che l’approccio con il tema europeo è parecchio differente rispetto agli ultimi dieci anni. Staremo a vedere, il percorso è certamente ricco di insidie.

Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 26 ottobre 2022